sabato 17 gennaio 2009

3 Giornate di Studio con Michel Odent e Clara Scropetta 19-22 marzo 2009 a Serracapriola (FG)

carissime/i!
Con grande gioia vi comunico che è previsto un altro appuntamento per l'ormai collaudato e apprezzato seminario residenziale con Michel Odent, da me organizzato e animato. Fondamentale per chiunque si dedichi, a livello professionale o personale, alla nascita e alla maternità: medici, ostetriche, doule... e altri.
Sarà in Puglia, a Serracapriola, da giovedì 19 a domenica 22 marzo 2009.
Lunedì 23 marzo inoltre è prevista una giornata di aggiornamento presso l'ospedale di Canosa.
Come al solito, vi invito a riservarvi un posto per tempo e a collaborare alla divulgazione di quest'evento prezioso.
Guarire una sola nascita è guarire il mondo!
Con gratitudine e affetto
clara scropetta
393 3158706
NASCITA, AMORE E CIVILTA'
19-22 marzo 2009 a Serracapriola (FG)
tre giornate studio
con Michel Odent e Clara Scropetta
- la fisiologia
- le deviazioni dalla fisiologia
- gli eventi della vita sessuale
- l'ecologia del grembo
- il parto, la nascita e l'allattamento
- l'approccio selettivo e l'approccio standardizzato
- l'ostetrica autentica
- l'accoglimento e la cura del neonato
- la ricerca in salute primale
- un nuovo servizio: la "doula"
Il seminario è aperto a tutti coloro che per ragioni professionali o personali desiderino approfondire, ampliare o consolidare le loro conoscenze.
E' particolarmente rivolto ai professionisti della nascita (medici, ostetriche, doule, operatori pre- e post-natali)
Gli argomenti affrontati sono fondamentali per ogni donna che, come doula,desidera mettersi al servizio di future madri e neomadri per:
- trasmettere informazioni scientifiche fondate ed essenziali
- proteggere da interferenze con il processo fisiologico
- far rispettare le esigenze di base di donna e bambino
- accompagnare la donna in gravidanza, durante il parto e nel puerperio con solidarietà, empatia, competenza
Gli interventi di Michel Odent sono presentati e tradotti da Clara Scropetta, custode della nascita, mamma e scrittrice.
Clara anima e cura la parte del seminario dedicata alla relazione tra madre e bambino e all'impatto delle esperienze vissute nel periodo primale. Ha esperienza personale di parto non assistito, nascita lotus, contatto continuo, senza pannolino e servizio alla madre.
I lavori iniziano alle 19 di giovedì 19 e si concludono alle 17 di domenica 22 marzo
Il seminario è riservato a circa venti partecipanti.
Famiglie e bambini benvenuti.
La quota di partecipazione è pari a 160 euro (escluso vitto e alloggio).
Comunicherò tempestivamente la sede e i dettagli sul vitto e sull'alloggio.
Per esigenze particolari e ulteriori domande, scrivete clara_scropetta@hotmail.com o telefonate 393 3158706

Riorganizzazione rete consultoriale e politica attiva di contenimento della pratica abortiva

ALLEGATO n. .... Piano della salute Regione Puglia

Occorre partire dal riconoscimento che:
• la legge 194 è una buona ed efficace maniera per riportare
sotto il controllo statale il triste fenomeno dell’aborto clandestino;
• Il fenomeno aborto si è dimezzato nell’arco di tempo della vigenza della legge;
• l’aborto legalizzato costituisce reale aiuto alla salute della donna visto che in ventisette anni di applicazione della norma non sono stati mai segnalati decessi attribuibili direttamente alla procedura abortiva ed il tasso di complicanze è di scarsissima incidenza (2-3‰);
• la legge 194/78 ha testato, nella gran parte del territorio italiano la efficacia e validità delle strutture territoriali deputate ai servizi previsti (consultori e strutture ospedaliere);
• la legge in questione, ove correttamente applicata, ha indotto ad un maggior consumo di mezzi contraccettivi idonei alla prevenzione.

Queste ed altre considerazioni di carattere non necessariamente
tecnico fanno sicuramente affermare che la legge 194 e la sua difesa vanno senz’altro nell’ottica della prevenzione e tutela della salute femminile.

Il Piano è l’occasione di riportare sotto l’effettivo controllo pubblico la legge 194/78 e la sua più completa applicazione evitando la connotazione della nostra regione come primatista di negatività.

I dati pugliesi

1) 12-13.000 interventi/anno di interruzione di gravidanza di cui il 50% nell’area metropolitana barese.
2) Oltre il 50% degli interventi è effettuato nel privato convenzionato,
e di questo 50% oltre la metà ( il 61% ) a Bari.
3) 69,7% delle ricorrenti alle IVG è costituito da: disoccupate, casalinghe e studentesse.
4) 63,6% con scolarità fino alla media inferiore.
5) 58,3% coniugate e 66,8% con uno o più figli, 35,6% con una o più IVG alle spalle.
6) Irrilevante il Consultorio come luogo di certificazione (≤ 10%)
7) 156 consultori intercettano 1.300 donne per la certificazione: 8,3 donne per ciascun consultorio per anno!
8) 6.000-6.500 interventi anno eseguiti presso le strutture pubbliche rappresentate dalle ex 12 ASL ed oltre 25 UU.OO di Ostetricia e Ginecologia vs 6.000-6.500 interventi anno eseguiti presso 5 Case di cura convenzionate (4.000 nelle sole due cliniche baresi)
9) Nessun follow-up documentabile sulla prescrizione-adozione di contraccettivi all’atto del counseling pre o post abortivo e della relativa compliance.

I punti 1 e 2 indicano l’entità del fenomeno; 3,4,5 l’identikit dell’utenza, 6,7,8,9 la clamorosa inefficienza del servizio pubblico.

Il quadro riassuntivo su esposto, mostra gli effetti di una dimostrata e obiettiva scelta di POLITICA SANITARIA che dal 1978 perdura in maniera dissennata, malgrado la dispiegata propaganda “a favore della vita”, con costi elevatissimi

COSTO SOCIALE è il disagio che la donna, lasciata sola nella sua decisione, deve affrontare andando alla ricerca di referenti istituzionali che, seppur presenti massicciamente sul territorio, risultano clamorosamente carenti nelle periferie urbane e geografiche. La scelta più “sbrigativa” apparirà in questi casi il ricorso alla clandestinità (per fortuna di scarsa rilevanza almeno per quanto riguarda la popolazione femminile italiana) oppure alla “migrazione” rivolgendosi al medico privato compiacente per la certificazione e verso il capoluogo di regione per l’intervento. Quest’ultima affermazione è avvalorata dai dati di mobilità e persino dai dati di attrazione disponibili.

COSTO ECONOMICO è quello rappresentato dal costo vero e proprio del “convenzionamento” (oltre 5 milioni di € l’anno) che si somma alla mancata o inadeguata utilizzazione delle risorse proprie del Sistema sanitario regionale.

COSTO POLITICO la mancata applicazione di una legge dello Stato in una o più delle sue articolazioni o la difforme applicazione da luogo a luogo della stessa regione fatalmente fa crescere nella popolazione la più forte sfiducia nei confronti del sistema sanitario e, più facilmente, presta il fianco alle critiche dei detrattori della legge 194 .

L’esperienza non solo italiana, ma europea dimostra che solo la presenza di servizi pubblici integrati ed efficienti, permette il raggiungimento di obiettivi strategici di prevenzione, di controllo della qualità degli interventi e della loro effettiva socialità. Va, comunque, ricordato che per quanto ottimali ed efficienti possano essere i servizi offerti, esisterà sempre e sarà ineliminabile una quota, “fisiologica” di IVG e pertanto il successo dell’iniziativa non equivale ad affermare l’eliminazione del fenomeno.

Le decisioni strategiche da prendere sono:

• rinunciare al mantenimento di parvenze di “presenza pubblica” laddove tale presenza si sia dimostrata particolarmente sottoutilizzata riaccorpando più risorse strutturali ed umane per una rinnovata e più incisiva presenza pubblica;
• utilizzare in maniera ottimale le risorse del servizio sanitario e con un bilancio costi-benefici accettabile coinvolgendo da un lato CONSULTORI-POLI AMBULATORI SPECIALISTICI-MEDICI DI FAMIGLIA realizzando una struttura di primo livello e dall’altro UU.OO. ( una per ogni Asl, intendendosi per ASL quelle precedenti il 1 gennaio 2007) come strutture di secondo livello.

Praticando queste opzioni, la Regione inizierà a svolgere un ruolo istituzionale di indirizzo e programmazione che fino ad oggi (in ordine alla legge 194) è stato, per converso, meramente “notarile” prendendo atto di ciò che ogni ospedale, spontaneamente proponeva; che, “soluzione d’emergenza” nel 1978, diviene intollerabile arbitrio, oggi, consolidandosi come prassi accettata tanto da creare una nuova categoria di “professionisti delle IVG” in antagonismo ai famigerati “cucchiai d’oro” ante ’78.

PROPOSTA

Nel riformulare, gran parte di quel che segue è la riproposizione di un progetto del 1994, un’ipotesi di “rilancio” della funzione del Servizio Sanitario in materia di applicazione della legge 194, è necessario implementare un “circuito virtuoso”: tale circuito fondato sulle strutture pubbliche, deve porsi l’obiettivo di assorbire, affrontare e risolvere le richieste dell’utenza e, strategicamente, modificare i bisogni spostandoli verso la prevenzione. Gli elementi di forza di questo progetto sono:

1. PREVEDIBILITA’ DELLA DOMANDA
2. ESISTENZA DI UNA RETE CONSULTORIALE
3. ESISTENZA DI UNA RETE OSPEDALIERA

1) In ordine al primo punto, citando quanto già fatto dagli statistici nel
lavoro allegato, si può affermare che incrociando dati di dinamiche demografiche ai tassi di abortività e fecondità ed ai rapporti di abortività
ed ai dati storici sull’andamento del fenomeno IVG (relazione annuale ISTAT), si può stabilire con ottima approssimazione il numero delle IVG che ci si dovrebbe attendere in determinate aree (province-ASL).

2) Tutti gli studi in materia hanno dimostrato fin dagli iniziali anni ottanta che se il CONSULTORIO diviene anche CENTRO DI PRENOTAZIONE di IVG, nel giro di tre anni fornisce l’85% di tutte le certificazioni necessarie al suo bacino d’utenza ed aumenta in maniera significativa la percentuale di donne che ritornano per una scelta contraccettiva: questo è quello che è avvenuto in tutta Italia fino dall’inizio. L’ultimo dato disponibile (2000) sull’utilizzo reale della pillola contraccettiva in donne di età compresa tra i 15 ed i 44 anni ci dice che hanno scelto il metodo 19,7% donne come media nazionale avendo come limiti estremi, da un lato, la Sardegna con il 32,6% di donne, Piemonte 29,9%, Veneto 27,9 % e dall’altro Calabria 10,1%, Puglia e Campania 9,4% e Basilicata 8,9%. L’immobilismo pugliese è ancor più evidenziato dalla constatazione che nel 1989 la nostra regione si lasciava alle spalle ben quattro regioni meridionali, mentre nel 2000 è riuscita a conquistarsi gloriosamente la penultima posizione…

La rete consultoriale pugliese consta attualmente di 156 consultori familiari pubblici con una distribuzione soddisfacente (nr. di consultori/20.000 residenti media Italiana 0.8, media Puglia 0,7 ovvero nr consultori/10.000 donne in età fertile 15-49, media Italiana 1,6, media Puglia 1,5) ma che vede privilegiate alcune zone: ASL Le 2 – Le 1 – Fg 3 Fg 1 rispetto ad altre: BAT – BA 2, 3, 4- Fg 2, Ta 1 con accettabilità per Ba 5 e Br 1. Su base provinciale ben fornite Lecce e Foggia, sufficiente Brindisi, inadeguate BAT- Ba – TA. Sulla reale attività, sulle dotazioni strumentali, sugli organici professionali e sui collegamenti con il territorio nulla è dato di sapere poiché non viene effettuato un regolare rapporto conoscitivo. I consultori (istituiti con legge dello Stato nr 405 del 29.7.75) in tutte le relazioni di maggioranza e di opposizione in seno al Consiglio Regionale, sono presentati come fondamento della prevenzione in ordine ad una maternità responsabile e consapevole: a seconda della inefficienza dimostrata però appariranno come capro espiatorio per giustificare l’assenza dell’istituzione pubblica e come “cavallo di Troia” per spuntare rendite di posizione nei rispettivi collegi elettorali.

3) Le unità operative delle 12 ASL pugliesi che hanno effettuato fino al 2005 interruzioni di gravidanza sono oltre 25 con un carico medio annuo intorno a 500 IVG per ASL o 240 per Unità Operativa, ma tale dato puramente statistico nasconde situazione di serio imbarazzo: se la situazione può dirsi sufficiente o adeguata per BAT (4 UU.OO.) BA 3,
BA 5 (2 UU.OO.) LE 1, LE 2 (3 UU.OO.) FG 2 (2 UU.OO) FG 3 e TA 1 è davvero sconcertante nella BA 4 e BR 1. Il privato convenzionato condiziona pesantemente la situazione barese come già più volte accennato a causa del totale disimpegno delle UU.OO pubbliche cittadine (risibile la quota di IVG effettuate presso le tre più grandi strutture della Regione: Policlinico, San Paolo, Di Venere, ininfluente la quota IVG di Triggiano e Bitonto che per altro non sono Unità Operative complesse). Nessuno si è mai chiesto come mai quindici ginecologi più undici anestesisti non obiettori pubblici facciano solo 1.461 IVG contro le 4.008 effettuate da dieci ginecologi e sei anestesisti nel privato! Nessuno si è mai posto il problema del perché un libero professionista si convenzioni per effettuare interventi presso la ASL BA 4 e non vengano interpellati altri medici dello stesso servizio sanitario. Il rapporto privato-pubblico è 3:1 nella ASL BA 4; 2:1 nella BR 1; 1.1 nella LE 1 e TA 1. I medici degli OO.RR. di Foggia con 1.327 IVG e quelli di Gagliano del Capo con 620 IVG (dati provvisori 2005: privato-convenzionato 6567 pari al 52,35% vs pubblico 5.978 pari 47,65%) sono forse migliori dei loro colleghi delle altre ASL?

Un mercato così conformato può condizionare qualsiasi scelta strategica pertanto se può essere facile un circuito virtuoso in periferia è assolutamente impensabile nel tessuto dei grossi centri urbani: si pensi agli eventuali licenziamenti del privato-convenzioanto, allo sbandamento delle utenti che fino ad oggi da questo privato avevano ricevuto risposte agili ed efficienti sebbene non in linea con gli aspetti preventivi della legge; si pensi ancora a quale logica economica (DRG più o meno remunerativo) si atterrebbe il privato nella scelta del tipo di intervento per IVG (farmacologico, chirurgico); si pensi infine a quale tipo di collaborazione potrebbe mai esservi tra consultori e strutture private.

Per rendere praticabile l’ipotesi di rilancio bisogna che:
1. il Consultorio/Poliambulatorio/Medico di famiglia, strutture di primo livello, siano direttamente collegate ad un referente operativo privilegiato- Unità Operativa Ospedaliera o struttura di secondo livello mediante una rete informatica;
2. vengano utilizzati strumenti informativi comuni a consultori e Unità Operative Ospedaliere (cartella clinica);
3. protocolli comportamentali omogenei fra i diversi livelli;
4. possibilità di risoluzione da parte della UU.OO. di problemi diagnostici e gestionali (non sempre nei consultori vi è un ginecologo o apparecchio ecografico, ecc.).

Il riordino dell’assetto assistenziale potrebbe risistemare le carenze consultoriali ricorrendo alla mobilità del personale (ampiamente previsto dalle normative vigenti) qualora si verificassero dinieghi per invocata e/o mal interpretata “obiezione di coscienza” evitando la polverizzazione di risorse umane e strutturali sarebbe sufficiente disporre di una Unità Operativa Ospedaliera per ogni ASL cui farebbero riferimento i consultori del territorio. Il personale della U. O., organizzato in equipe (ginecologo-anestesista-ostetrica-infermiera) fornirà le prestazioni relative alla 194 al di fuori del normale orario di servizio e perciò remunerato secondo criteri che non privilegino la quantità delle prestazioni bensì il raggiungimento di determinati obiettivi. Tale premialità potrebbe vedere coinvolti anche gli operatori consultoriali, ove ve ne fosse bisogno: un esempio potrebbe essere il recupero al “pubblico” di IVG del privato, oppure un calo percentuale di IVG recidivanti, o infine l’aumento dell’uso dei contraccettivi.

Il regime di ricovero sarà quello del day hospital. Per tutte le donne dovrà essere garantita la forma di anestesia richiesta nel rispetto delle indicazioni e controindicazioni. Le metodiche delle IVG dovranno essere garantite in ogni tipologia e la informazione relativa alle procedure dovrà essere esaustiva, chiara ed inequivocabile al fine di rendere il consenso informato una procedura seria e non un mero atto formale.

Riepilogando:
• U.O. situata in ospedali dotati di reparti di terapia intensiva e/o rianimazione (rischio anestesiologico)
• Applicabilità di tutti i mezzi medici e chirurgici per l’IVG a seconda della scelta della donna e delle caratteristiche delle IVG
• regime di ricovero in day hospital con possibilità di passaggio alla degenza ordinaria in caso di non dimissibilità della paziente nella stessa giornata.

Nelle unità congiunte di primo e secondo livello si dovranno eseguire:
1. VISITA DI PRENOTAZIONE E CERTIFICAZIONE c/o
Consultorio secondo orari di apertura adeguati ai bisogni dell’utenza territoriale prevedendo aperture pomeridiane e/o di sabato evitando lunghi periodi di chiusura per ferie o festività.
2. DIAGNOSTICA STRUMENTALE E DI LABORATORIO E VALUTAZIONE PREOPERATORIA c/o Consultorio o U.O. secondo l’organizzazione che si vorrà dare e le specifiche dotazioni possedute.
3. INFORMAZIONE CONTRACCETTIVA c/o Consultorio e marginalmente U.O.
4. INTERVENTO O SOMMINISTRAZIONE FARMACI c/o U.O. o eventualmente c/o ambulatorio abilitato: nei protocolli per la RU486 si prevedono controlli al primo, terzo e quattordicesimo giorno.
5. VISITA DI DIMISSIONE POST IVG e consulenza contraccettiva con prescrizione.
6. VISITA DI CONTROLLO-FOLLOW-UP: dopo 7-15 gg.

Il percorso da 1 a 6 non richiede particolare burocrazia:
la richiesta dell’utente rappresenta titolo sufficiente per l’ottenimento delle prestazioni previste e di ciò fa fede il solo certificato di richiesta IVG. La cartella clinica rappresenta lo strumento amministrativo dell’effettiva esecuzione delle prestazioni.

Si allegano: proposta di cartella clinica unificata e modello comportamentale.

Sulla base di raccomandazioni internazionali ampiamente accettate e validate, si ricorda che ogni singolo operatore non dovrà mai superare il numero di 6 interventi giornalieri o massimo di 300 in un anno per non incorrere in maggiori rischi da errore umano. Il numero degli operatori attualmente a disposizione è ampiamente al di sotto del rischio del surmenage, anche se in alcuni casi si dovrà razionalizzare la mobilità intra ASl o inter ASL ovvero unificare in un’unica Unità Operativa tutti gli interventi di quella ASL.

La Regione deve stabilire, essendo il principale organo amministrativo e di indirizzo in tema di sanità i criteri retributivi fra tre diversi modelli: a) stabilire un valore economico per ogni singola prestazione eseguita da ogni singolo operatore; b) stabilire un valore economico forfetario per un “pacchetto di prestazioni” fornito ad ogni singola utente da uno o più operatori (ogni struttura stabilisce le regole al suo interno) c) utilizzare i meccanismi di incentivazione previsti dai cosiddetti “progetti obiettivi”, ma identificando a priori l’equipe.

A parere di chi scrive il modello c), che può incontrare molte resistenze, a causa di privilegi economici già consolidati e difficili da eliminare, appare il più adeguato perché:
• permette l’incentivazione di tutte le figure professionali;
• combatte “in nuce” fenomeni di mercificazione e personalismi;
• legando l’incentivazione al raggiungimento di obiettivi si ottiene un calcolo “ab initio” dei costi rapportabili all’eventuale risparmio goduto dalle ASL;
• permette, ove gli obiettivi numerici fossero raggiunti o gli obiettivi quantitativi apparissero inadeguati, di introdurre nel progetto obiettivo elementi specifici di qualità del servizio controllabili dalle utenti, dalle associazioni rappresentative delle donne e dalle ASl medesime.

Presentando però questo modello la difficoltà di complicate
procedure burocratiche, la Regione dovrebbe, con atto proprio, normare un modello generale uguale per tutti. Modelli simili possono essere utilizzati anche per il personale dei Consultori laddove non si riuscisse con l’accorpamento o la mobilità a superare la inadeguatezza del sistema, parametrando le prestazioni o al numero assoluto e alla qualità delle prestazioni verificabili oppure sui dati di incremento di produttività sul dato storico ed in prospettiva pluriennale (per es. diminuzione delle IVG nelle classi “a rischio” oppure incremento percentuale nell’uso dei contraccettivi con relativo monitoraggio e compliance).

IL SISTEMA INFORMATIVO OTTIMALE

Lo spostamento fisico di persone deve essere ridotto al minimo: la donna dovrà spostarsi solo dal Consultorio all’Unità Operativa Ospedaliera.
Rendere “attraente” il servizio pubblico significa dire all’utente dove rivolgersi in caso di…
• attivare un numero verde cui la donna potrà rivolgersi per conoscere l’ubicazione del Consultorio e da questo sapere come attivare la procedura;
• comunicare attraverso un’adeguata campagna le attività del consultorio (anche nei luoghi di lavori a prevalenza femminile o nei luoghi di maggiore frequentazione come per es. i centri commerciali, i mercati, i luoghi di aggregazione giovanile);
• proseguire i programmi di informazione ed educazione alla salute nelle scuole inferiori, superiori rimodulando le proposte didattiche;
• disciplinare la organizzazione di guardie mediche, ambulatori, pronto soccorso specialistici, anche in ordine alla possibilità prescrittiva di contraccettivi di emergenza (pillola del giorno dopo);
• nelle città universitarie attivare info-point fruibili dalla collettività studentesca, eventuale sanicard per studenti al fine di fornire prestazioni urgenti di carattere ostetrico-ginecologico presso Consultori e/o Unità Operative.
Il processo generato dal personale del Consultorio o dalla Unità Operativa inserendo i dati anagrafici ed istituendo una cartella clinica informatizzata inizia la procedura per la IVG ed in tempo reale viene fissata la data dell’intervento. L’iter dell’IVG termina con la visita di controllo. I dati della cartella clinica vengono, al termine del processo, archiviati; l’archiviazione telematica consentirà anche di fornire immediatamente i dati medici, statistici e contabili ad apposito ufficio istituito presso l’Assessorato per un accurato monitoraggio del fenomeno. Tale organizzazione costituisce un motivo di “convenienza” per le utenti inducendole a ricorre ai servizi pubblici. Non ricorreranno a questa organizzazione certamente le donne da sempre seguite da un proprio ginecologo di fiducia che sono quelle che sicuramente non abbisognano dei consultori.

Ove si consideri che nell’impianto della riforma sanitaria, il direttore generale provveda con tagli alla spesa al ripianamento di eventuali deficit, non è errato ritenere che entrino in conflitto tra loro: i titolari di bisogni di salute differenti tra loro; i sevizi di prevenzione primari e secondari, con costi immediati ma con eventuali vantaggi futuri, potrebbero vedere tagliate le loro risorse peggiorando così la contraddizione.

CONTROLLARE E QUALIFICARE LA SPESA APPARE, PERTANTO, UNA VIA COMUNQUE OBBLIGATA. Propedeutico a qualsiasi riordino della normativa ed alle raccomandazioni per una gestione corretta delle risorse dovrebbe essere da parte della Regione un mutamento attuabile in tempi brevissimi secondo un percorso illustrato dallo schema allegato.

CONCLUSIONI

• Attivare simultaneamente ed uniformemente su tutto il territorio regionale il processo (no migrazioni-no particolarismi);
• Esercitare un controllo su qualità-efficienza-efficaia del servizio che passerà attraverso una fase di assestamento non lunga e necessiterà dell’adozione di provvedimenti impopolari (presso talune categorie) ma giusti;
• Fare emergere le “obiezioni di comodo” e diversi opportunismi può ridare agli operatori seri una fiducia, ormai persa, nel vedere riconosciuti i propri sforzi;
• Reinventare, solo se necessario in una fase transitoria, il rapporto con il privato-convenzionato pur sapendo che le risorse umane e strutturali pubbliche possono benissimo sostenere l’impatto di 12./13.000 IVG annue (ipotetico carico sulle attuali 25 U.O. 480-520 IVG anno ciascuna o 40-43 IVG mese pari a 4 interruzioni di gravidanza per ogni Asl per ognuno dei 250 gg lavorativi per anno, non apparendo questi numeri certamente impegnativi;
• Ripensare il rapporto con le istituzioni (Università-Scuola-Affari Sociali) ma tenere fuori queste Istituzioni dalla gestione diretta riservando ad esse eventualmente solo compiti di didattica e/o di ricerca.

La gestione della contraccezione d’emergenza ed il web

Antonio Belpiede, MD
Div. OST-GIN CANOSA (BA)

INTRODUZIONE

Il sito web www.pilloladelgiornodopo.it nasce nel 2001, quasi un anno dopo che il ministro della Sanità Umberto Veronesi, il 28 settembre del 2000, aveva firmato un decreto di autorizzazione per la vendita della pillola del giorno dopo nelle farmacie italiane.
La mission del sito consiste nella convinzione che un più largo uso della contraccezione è un passo importante per la riduzione dell’incidenza di una gravidanza indesiderata e della necessità di un aborto.
Le idee cardine sono:
1)Prevenzione primaria che significa non aspettare che l’utente si rivolga ai presidi sanitari privati o pubblici in stato di necessità, ma utilizzare tutti i mezzi, tradizionali e nuovi, di comunicazione per avvicinare ed informare le utenti sui metodi contraccettivi (OFFERTA ATTIVA)
• Aumento del numero e della qualità dell’offerta dei consultori
• Intensificazione dei rapporti con le scuole e con il territorio
• Informazione sulle problematiche sessuali e sui rischi del sesso
2)Prevenzione secondaria che vuol dire intercettare ed aiutare le coppie che hanno avuto un rapporto a rischio per tentare di evitare un aborto e poter consigliare una contraccezione definitiva.
3) La prevenzione secondaria e primaria sono le due gambe su cui devono marciare i consultori e le strutture di prevenzione.
4) La contraccezione d’emergenza non fa cannibalismo di quella definitiva.
5) La contraccezione d’Emergenza è il solo (only treatment) trattamento disponibile per prevenire una gravidanza indesiderata dopo un rapporto a rischio.
6) La contraccezione d’Emergenza è lo “standard of care” (ACOG Practice Pattern and ACOG Practice Bulletin)
Anche se il Comitato nazionale di bioetica , nel maggio del 2004, ha approvato un documento sulla pillola del giorno dopo, prevedendo la clausola di coscienza per i medici rispetto alla prescrizione del farmaco questa forma di obiezione non è estensibile alle strutture sanitarie. Si può quindi intravedere una responsabilità per omissione nel rifiuto di prescrizione di un contraccettivo d’emergenza


LA PILLOLA DEL GIORNO DOPO IN ITALIA

L’Italia è uno dei pochi paesi europei nei quali il contraccettivo di emergenza non è acquistabile in farmacia senza prescrizione medica (insieme alla Bulgaria , Ungheria, Irlanda e Lituania).
La Risoluzione del Parlamento Europeo in materia di sessualità e riproduzione
invita i governi membri “…ad adoperarsi per fornire contraccettivi e servizi per la
salute sessuale e riproduttiva a titolo gratuito, o ad un costo molto basso, per i gruppi
di meno abbienti, come giovani, minoranze etniche ed emarginati…e a …
promuovere la contraccezione d’emergenza, facendo in modo che tali medicinali
siano venduti senza prescrizione ed a prezzi accessibili, a titolo di prassi standard
nell’ambito della assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva.” (22/6/2002).
Questa raccomandazione è ignorata dall’Italia.
I dati in letteratura confermano che la CE può ridurre seriamente il ricorso alle IVG e
contribuire ad un ulteriore calo delle IVG in Italia , il cui trend è in discesa continua,
eccetto che per le donne migranti e le adolescenti, come si evince dall’ultima
relazione ministeriale (Relazione al Parlamento sulla L. 194/78 –febbraio 2007- dati
1995-2006).
L’esempio ci viene dagli USA dove ci sono state 110.000 interruzioni di gravidanza in meno tra il 1994 e il 2000. Una buona parte della riduzione dell’ 11% degli aborti negli Stati Uniti è il risultato dell’uso della CONTRACCEZIONE D’EMERGENZA.
La diffusione della contraccezione d’emergenza viene considerata responsabile del 43% della riduzione totale.

CONTRACCEZIONE D’EMERGENZA IN ITALIA
Prodotti dedicati / Solo Progestinico

1 pillola di NorLevo 1.5mg
2 pillole di Levonelle 0,750 mg

Contraccettivi orali usati come contraccezione d’emergenza / Estro-progestinici combinati

Novogyn 21 2 pillole subito e 2 dopo 12 ore
Evanor D 2 pillole subito e 2 dopo 12 ore e
Microgynon 4 pillole subito 4 dopo 12 ore
Ovranet 4 pillole subito e 4 dopo 12 ore
Loette 5 pillole subito e 5 dopo 12 ore
Miranova 5 pillole subito e 5 dopo 12 ore

Il contraccettivo d’emergenza va assunta quanto più presto possibile entro 72 ore dal rapporto a rischio. (Alcuni studi sostengono l’efficacia entro le 120 ore) (2)

Lancet 1998;352:428-33

INTERNET NUOVO MEZZO DI COMUNICAZIONE E DI OFFERTA ATTIVA

Secondo i dati rilevati da Eurisko nel 2007 il numero totale di persone che accedono alla rete in Italia, anche occasionalmente, sarebbe salito a circa 18 milioni, che si riducono a meno di 17 se si escludono gli accessi in situazioni esterne, come corsi di formazione, presso amici, in biblioteca o “bar” – e a un po’ più di 13 se si considerano le persone che dicono di collegarsi “almeno una volta alla settimana”.
Dal rapporto Censis 2005 il 36 % degli italiani dai 14 anni in su diceva di usare l’internet e il 20 % di farlo “almeno due o tre volte alla settimana” con un notevole aumento rispetto a 20 % in totale e 12 % uso “abituale” nel 2001. Secondo dati più recenti della stessa fonte (2006 rilevati con una metodologia diversa) gli italiani che usano la rete sono, in totale, il 40 % della popolazione
Continua quindi a crescere la diffusione della rete in Italia, con uno sviluppo talvolta discontinuo, ma tendenzialmente rilevante nel medio-lungo periodo. Nel 2007 il totale è più che raddoppiato rispetto al 2001.
Le percentuali di internauti salgono al 52% se ci si riferisce alla popolazione giovanile e dai dati emerge chiaramente che sta cambiando il modo di comunicare tra i giovani che “non si percepiscono come soggetti passivi del mondo informatico, ma come protagonisti attivi della produzione dei contenuti da scambiare e condividere: il 42% degli internauti ha infatti utilizzato internet almeno una volta per partecipare a chat, blog, forum o per inserire scritti personali, pensieri, poesie nel proprio blog personale”.
L’utente medio ha un titolo di studio di media inferiore o superiore (il 46%), abita in una grande città (per il 50%), usa internet tutti i giorni (60%) e vi accede prevalentemente da casa (per il 55%).








L’ESPERIENZA DEL NOSTRO SITO WEB

Il dato saliente è il numero di contatti che è di seicentottantamila in 6 anni .
Nel primo anno hanno partecipato alla gestione del sito 6 medici (di cui 3 ginecologi) che rispondevano, via mail, ai numerosi quesiti di natura tecnica, ma spesso anche a richieste di aiuto e di rassicurazione. Dopo il primo anno i colleghi che avevano aderito volontaristicamente al progetto, hanno rinunciato per le difficoltà crescenti e la quantità di mail davvero ingestibili. Si passa a un lungo periodo in cui il sito offre solo informazioni techniche sulla pdgd e si risponde solo a poche mail scelte in base ad una valutazione soggettiva di urgenza e di pertinenza. Il numero di contatti rimane alto per la semplicità del sito e la sua rintracciabilità (è sempre il primo su tutti I motori di ricerca del mondo).
Da circa tre anni viene messo a disposizione nel sito un numero di telefono da utilizzare solo per le urgenze e al quale risponde sempre un ginecologo.
Il numero di telefonate è di circa 50 alla settimana che si concentrano soprattutto nei weekend.
Le telefonate provengono per il 70% dai centri più importanti (Roma, Napoli, Milano, Torino, Palermo) e per il 30% dal resto del paese. Nelle città più importanti convergono 2 dati: l’alto numero di residenti e la percentuale più alta di utenti del web.
La maggior parte delle richieste di aiuto e consiglio viene da coppie giovani ed è quasi del 100% nei weekend. Durante la settimana diventano più frequenti le richieste provenienti da coppie stabili e da adulti.

Il tipo di richieste è per la maggior parte legata
• alle difficoltà di reperire la prescrizione, specie per le minorenni
• alle proteste per il rifiuto della prescrizione da parte delle strutture
• alle preoccupazioni per gli eventuali effetti collaterali
• all’ansia e alla richiesta di rassicurazioni circa l’efficacia della pdgd

Le risposte sono abbastanza standardizzate con rassicurazioni sugli effetti e sull’efficacia e consigli su come reperire la prescrizione.
Nei weekend i consultori sono chiusi ed la richiesta si riversa quasi completamente nei P.S. ospedalieri, anche perchè nella nostra esperienza i medici di guardia medica spesso si sottraggono a questo tipo di prestazione.
Da un punto di vista logistico c’è una informazione di ritorno da parte degli utenti che ci ha fornito una discreta conoscenza dei centri ospedalieri più disponibili alla prescrizione, almeno nei centri più grandi.

DIFFICOLTA’ NELLA GESTIONE DEL SITO E PROSPETTIVE

Le difficoltà di gestione sono enormi. Il motivo più importante è l’assenza di una società scientifica, di una associazione che possa organizzare con basi più solide il sito stesso. La posta in gioco è comunque enorme. Le possibilità di OFFERTA ATTIVA del web sono imparagonabili con i mezzi tradizionali e possono integrarsi con questi.
Noi non crediamo che l’utilità di questo sito sia legata solo alle attuali difficoltà di prescrizione, perchè l’obiettivo è quello dell’allargamento dell’uso del contraccettivo d’emergenza, in generale dei contraccettivi e della prevenzione dell’aborto.
La costruzione di una rete di riferimento con più ginecologi che tengano aggiornato il sito e la creazione di un vero e proprio numero di telefono verde per la contraccezione potrebbero aprire prospettive diverse per un progetto efficace di prevenzione dell’aborto.

CONCLUSIONI
Il collo di bottiglia attuale è costituito dal fatto che
• pochi medici pensano che i contraccettivi d’emergenza siano sicuri ed efficaci
• pochi medici pensano che i contraccettivi d’emergenza siano sicuri ed efficaci
• Molti medici rifiutano la prescrizione per motivi etici o per disinformazione
• Molte donne non sanno cosa e a chi chiedere
Nei week-end migliaia di coppie di ragazzi che trovano strutture chiuse o non disponibili ad aiutarli, proprio nel momento in cui hanno pù bisogno di aiuto e consiglio e sono più disposti a “fidelizzarsi” per una contraccezione definitiva.
Il web ci aiuta a trovare delle risposte adeguate.


RAPPORTO A RISCHIO

Cosa fare se ?

Il Profilattico (preservativo) si rompe o si sfila,
hai fatto sesso senza precauzioni,
hai dimenticato la pillola
Telefono d’Emergenza
Sito WEB per la contraccezione d’emergenza



Campagne sui media di
pubblica educazione

Esempi di campagna pubblicitaria
negli USA

http://not-2-late.com






























Bibliografia
1) The role of emergency contraception
James Trussell, Charlotte Ellertson, Felicia Stewart, Elizabeth G Raymond, Tara Shochet
American Journal of Obstetrics & Gynecology
April 2004 (Vol. 190, Issue 4, Pages S30-S38)
2) Effectiveness of emergency contraceptive pills between 72 and 120 hours after unprotected sexual intercourse
Isabel Rodrigues, Fabienne Grou, Jacques Joly
American Journal of Obstetrics & Gynecology
March 2001 (Vol. 184, Issue 4, Pages 531-537)
3) Beyond access: Acceptability, use and nonuse of emergency contraception among young women eExtra
Corinne H. Rocca, Eleanor B. Schwarz, Felicia H. Stewart, Philip D. Darney, Tina R. Raine, Cynthia C. Harper
American Journal of Obstetrics & Gynecology
January 2007 (Vol. 196, Issue 1, Pages 29.e1-29.e6)
4) Contraccezione orale, Contraccezione d’emergenza, Malattie sessualmente trasmesse:
counseling per viaggi e vacanze
Contraccezione Sessualità Salute riproduttiva
Emilio Arisi, Manuela Lerda, Raffaella Michieli, Maurizio Orlandella
Aprile 2007 (Vol. 1 N. 1)
5) Lancet 1998;352:428-33. 2.
Cheng L, Gülmezoglu AM, Ezcurra E, Van Look PFA. Interventions for. emergency contraception. (Cochrane Review).

Politiche per un contrasto all'interruzione volontaria di gravidanza nelle donne a rischio

Conferenza Stampa-Dibattito SIGO svoltosi a Roma il 9-06-08 su Politiche per un contrasto all'interruzione volontaria di gravidanza nelle donne a rischio

Antonio Belpiede, Canosa

Vengo da una regione, la Puglia, che presenta storicamente uno dei tassi di abortività più elevati. Questo anche perché in questi trent’anni, dall’entrata in vigore della legge 194, è stata favorita una politica di acquisto di servizi nelle cliniche private, piuttosto che la sua applicazione nei centri pubblici: il 57% delle IVG in Puglia avvengono in 3-4 cliniche private della regione.
Questa esperienza è significativa perché è in totale contrasto con lo spirito della legge.
Noi non obiettori condividiamo il valore della vita, ma non ci sentiamo di abbandonare donne che vivono un momento drammatico della loro esistenza. Questa situazione è oggi ancor più evidente con le donne immigrate, spesso in critiche condizioni di vita. Ci troviamo ad aiutarle e il nostro primo obiettivo è che questa esperienza non si ripeta e che l’aborto non diventi una forma di contraccezione. Non so se ci riusciamo. Abbiamo tentato per anni di parlare con le donne, abbiamo prescritto gli anticoncezionali, offerto la spirale, spiegato l’importanza del profilattico, ma la questione si è complicata con l’avvento delle immigrate e noi siamo rimasti indietro, con risposte insufficienti e senza la capacità di intravedere gli scenari futuri. Spesso ci siamo trovati da soli, senza l’aiuto di politiche sanitarie adeguate, che han fatto sì che i non obiettori diventassero una sparuta minoranza con quasi il 70% di obiettori di coscienza. Siamo figure residuali, con molti professionisti anziani che forse resistono ricordando da quale orrore ci abbia liberato l’aborto legale.
La 194 è una buona legge che ha risolto quasi completamente la tragedia dell’aborto clandestino, ma per chi non ha vissuto quegli anni in cui le donne morivano è difficile capire.
Nessun investimento politico-culturale-istituzionale è stato fatto per applicare quella parte della legge che impone la prevenzione.
Nella mia esperienza personale ho ritenuto, nell’ottica della prevenzione dell’aborto, la pillola del giorno dopo uno step, un passo utile per intercettare una donna in un momento di bisogno e utilizzare questo contatto come opportunità per costruire una rete che possa prevenire il ricorso all’aborto in primo luogo, ma anche avviare una contraccezione definitiva e responsabile.
Non c’è cannibalismo fra contraccezione d’emergenza e definitiva.
Io ho scelto di informare attivando un sito www.pilloladelgiornodopo.it , che ha raggiunto quasi 800.000 contatti, dove io rispondo da anni alle telefonate che arrivano da tutta Italia, soprattutto nei weekend.
I consultori non hanno mai proposto un’offerta attiva nelle discoteche, nei luoghi che i ragazzi frequentano e dove davvero si verifica il rischio.
L’offerta attiva prevede di individuare i tempi e i luoghi di più alto rischio per intervenire in maniera puntuale e tempestiva, con manifesti di informazione e indirizzi d’emergenza . Io offro la mia disponibilità per rispondere alle domande in una situazione come quella attuale in cui, sulla contraccezione di emergenza, regna il caos nelle diverse zone del Paese, dove i consultori sono chiusi nei weekend e molti ospedali e troppi medici si rifiutano di aiutare coppie di ragazzi in difficoltà.
Nessun politico ci dica che serve l’educazione nelle scuole e nelle famiglie affinchè i rapporti a rischio non ci siano! Noi ne siamo più che convinti, ma nel frattempo, se ragazzi disinformati e “poco educati sessualmente” dalle nostre famiglie e dalle nostre scuole, hanno un rapporto a rischio, che facciamo? Li abbandoniamo al loro destino?
I consultori dovrebbero invece “pubblicizzare” il loro numero di telefono fuori dalle discoteche, andare in internet, dove spesso i giovani si rivolgono per avere risposte.
Se riuscissimo ad attivare una rete per intercettare i giovani, fidelizzarli, guadagnarci la loro fiducia, iniziare un percorso di contraccezione consapevole, questa sarebbe la strada per incidere in maniera significativa sulla prevenzione dell’aborto.
Perché, soprattutto per chi ha applicato in tutti questi anni la legge 194, l’obiettivo è quello di liberarsi dalla necessità dell’aborto e, in seguito, anche della necessità della contraccezione d’emergenza.

Corsi di Accompagnamento alla Nascita



Basi epistemologiche ed epidemiologiche e progettazione operativa, implementazione e valutazione dei Corsi di Accompagnamento alla Nascita.

Michele E. Grandolfo
Direttore Reparto Salute della donna e dell’età evolutiva
Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute
Istituto Superiore di Sanità. V.le Regina Elena, 299 00161 Roma
Tel.: 06 49904309/11, Fax.: 06 49904310, e-mail: michele.grandolfo@iss.it


La Sanità Pubblica ha ragione di esistere solo se è in grado di ridurre gli effetti sulla salute delle disuguaglianze sociali. Se questo obiettivo viene raggiunto ogni persona della comunità nazionale ne trae beneficio, qualunque sia la sua condizione sociale, perché lo stato di salute di ciascuna
persona dipende dallo stato di salute di tutte le altre, nessuna esclusa. Questo risultato, scientificamente comprovato, giustifica la proporzionalità in relazione al reddito della contribuzione per garantire i servizi sanitari.

Perché questo obiettivo, di rilevanza costituzionale, sia perseguito è necessario che il sistema nel suo complesso operi nella prospettiva della promozione della salute, secondo la definizione della Carta di Ottawa (1986). L’attività di promozione della salute ha l’obiettivo finale di aumentare la capacità di controllo sul proprio stato di salute da parte di ogni singola persona costituente la comunità.

Quindi si può concludere che un sistema sanitario pubblico ha ragione di essere se, e soltanto se, promuove l’autonomia delle persone nella gestione del proprio stato di salute.
In tale prospettiva, si deve assumere un cambiamento radicale di paradigma, vera e propria rivoluzione copernicana, sia per quanto attiene il modello di welfare, sia per quanto attiene il modello della salute che lo sottende.

La promozione dell’autonomia delle persone (processo di empowerment) si realizza se il modello di welfare è fondato sulla partecipazione e sull’empowerment, e assume che le persone sono competenti, e su tale competenza è necessario investire. Ben altra prospettiva rispetto al modello paternalistico direttivo di bismarkiana memoria, fondato alla fine del diciannovesimo secolo e durato fino all’inizio del secondo dopoguerra del ventesimo secolo. Il vecchio modello, sotteso da un modello biomedico di salute, assegnava al tecnico la responsabilità di stabilire e disporre gli interventi che le persone dovevano accettare in quanto incompetenti e sotto tutela.

L’assunzione della competenza (potenziale) delle persone apre la prospettiva verso un modello sociale di salute, secondo il quale i determinanti sociali sono le cause dietro le cause biologiche.
Nel modello sociale di salute l’assunzione della competenza della persona è essenziale, a partire dalla constatazione che tali determinanti della salute possono essere conosciuti adeguatamente solo se la persona stessa viene messa in condizione di poterli esprimere. Sia l’attività di cura e riabilitazione, dal processo diagnostico alla costituzione dell’alleanza terapeutica, sia l’attività di promozione della salute devono partire necessariamente dal riconoscimento, da parte dell’operatore e della persona, dei determinanti sociali, attraverso la riflessione sui vissuti quotidiani e sulla memoria storica della comunità di appartenenza. Ed è compito professionale primario di chi opera per la tutela e promozione della salute esercitare l’arte della maieutica nella relazione con la persona, perché faccia emergere alla propria consapevolezza e a quella del professionista i determinanti sociali del proprio stato di salute.

I nuovi paradigmi sollecitano verso l’organizzazione di servizi sociosanitari di base integrati e con competenze multidisciplinari capaci di svolgere questa funzione maieutica essenziale.
I consultori familiari, intuizione geniale del movimento delle donne, sono stati istituiti per rispondere all’esigenza di comprensione dei determinanti sociali (modello sociale di salute) con la equipe multidisciplinare e di impostare le relazioni in modo non paternalistico e non direttivo per promuovere l’autodeterminazione delle persone (modello di welfare partecipativo). Solo dopo un quarto di secolo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha preso coscienza che i servizi di “primary health care, con particolare riferimento all’area della “maternal & child health”, dovessero avere tali caratteristiche. A livello internazionale il concetto di autodeterminazione è stato posto all’ordine del giorno con la Carta di Ottawa (1986) sulla promozione della salute, definita come l’insieme delle attività che hanno come obiettivo l’aumento della capacità delle persone di avere controllo sul proprio stato di salute.
Perché l’attività di promozione della salute raggiunga l’obiettivo cui tende – l’autodeterminazione della persona – è necessario, pena il sicuro fallimento, che vengano assunti e praticati i termini di riferimento detti.

Un welfare della partecipazione significa che è competenza dell’operatore (dell’equipe multidisciplinare) interagire con la persona in un rapporto paritario basato sul rispetto, sulla gentilezza, sull’empatia e sulla compassione. Significa anche che quando la comunicazione non è efficace perché si frappongono barriere, è compito dell’operatore riconoscerne la natura (fisica, psicologica, culturale, sociale, etica, antropologica) assumendo con umiltà (base fondamentale per la conoscenza) la responsabilità dell’errore di comunicazione. L’errore nasce dalla inadeguatezza del modello interpretativo che viene assunto nell’interagire con la persona e tale inadeguatezza può dipendere dai paradigmi che sostengono la visione del mondo del professionista. Cogliendo i segnali con attenzione, con grande disponibilità all’ascolto ed eventualmente investigando sui motivi della non accettazione, può essere in grado di stimare i fattori di rischio del fallimento della comunicazione e tentare creativamente strade innovative. L’umiltà è essenziale per mettere in discussione la propria visione del mondo e per evitare di cadere nella trappola autoreferenziale del biasimo delle vittime, vera tomba della professionalità e, con essa, della sanità pubblica.

Se la promozione della salute può essere considerata l’attività emblematica, quindi cartina di tornasole, della sanità pubblica, perché la sua qualità dipende dai paradigmi concretamente assunti dal sistema, appare evidente l’attenzione verso la salute della donna e dell’età evolutiva.

E ci sono non una ma due buone ragioni: in primo luogo si tratta di settori forti della popolazione. Le donne perché pilastri delle famiglie e le nuove generazioni perché con maggiore patrimonio di salute e costruenti il futuro, entrambi capaci di irradiare nello tessuto sociale, a partire dal sistema delle relazioni familiari gli effetti della promozione della salute. La seconda ragione è che l’attività prevalente che riguarda tali settori di popolazione attiene alla fisiologia, in cui la valorizzazione del patrimonio di salute e il suo potenziamento rappresentano lo scopo ultimo dell’azione.
In tale prospettiva qualunque eccesso di medicalizzazione non trova la pur minima giustificazione che potrebbe esserci quando si ha a che fare con la sofferenza, nel qual caso il tentativo di provare soluzioni che si sa in partenza essere non efficaci si propone costantemente e a cui è obbiettivamente difficile sottrarsi.
Quindi si può assumere che la salute della donna e dell’età evolutiva sono cartina di tornasole della qualità dei sistemi sociosanitari e, in definitiva, dei modelli di società. Più specificamente sono cartina di tornasole del modello di welfare e del modello di salute, rispettivamente praticato ed assunto.

L’età evolutiva merita di essere coinvolta per la promozione della salute soprattutto nel contesto scolastico, luogo deputato per eccellenza alla promozione della consapevolezza e della competenza, e la promozione della salute può essere particolarmente sostenuta dal processo curriculare formale (intelligentemente svolto) e, a sua volta, vivifica il processo formativo formale, evidenziando i nessi tra l’esperienza quotidiana di ogni persona e le grandi direttrici dell’evoluzione umana.

L’ambito della nascita vede la donna esprimersi nella dimensione più alta della potenza e della competenza, quella creativa. Non c’è un momento più appropriato per investire nella promozione della salute del percorso della nascita. Si ha il massimo della disponibilità a riflettere sul proprio stato di salute, al fine di assicurare le migliori condizioni per la persona che nasce.
Così il 50% delle donne che fumano smettono di farlo e chi seguita a fumare riduce mediamente della metà il numero di sigarette (indagine ISS, 1996). Per inciso, tra quelle che hanno smesso, riprende a fumare entro due mesi dal parto il 50% di chi allatta artificialmente, il 22% di chi allatta in modo misto (complementare) e solo l’11% di chi allatta al seno in modo esclusivo o predominante. Piuttosto che condurre campagne con venature moralistiche e, talvolta, terroristiche contro il fumo di sigaretta in gravidanza e durante il puerperio, si avrebbero risultati straordinari nella lotta al tabagismo se si promuovesse efficacemente l’allattamento al seno, esclusivo almeno fino a sei mesi e, accompagnando lo svezzamento, anche fino a due anni e oltre. Si tratta, peraltro, di aiutare le donne a realizzare un loro ripetutamente dichiarato desiderio: almeno il 95% delle donne intervistate vuole allattare al seno.
Non va anche sottovalutata la generalizzata attenzione all’alimentazione, non solo in gravidanza ma anche durante il puerperio: generalmente aumenta il consumo di frutta e verdura, anche per la prevenzione dei difetti del tubo neurale, e in generale ci si orienta verso una dieta più equilibrata. Non c’è occasione migliore per promuovere consapevolezza e competenza sull’alimentazione, tenendo conto che generalmente è comunque la donna a gestire questo aspetto essenziale della vita quotidiana della famiglia.
Certo è sorprendente il risultato di una indagine pilota sull’acido folico, condotta recentemente dall’ISS da cui risulta che se oltre il 90% delle donne lo assume in gravidanza, solo il 4% lo fa nel periodo periconcezionale e di più le primipare che le pluripare. È un risultato paradossale che mette in evidenza una colossale mancata opportunità che non si è colta nella gravidanza precedente, tenendo conto che oltre il 70% delle gravidanze vengono programmate e che tra la decisione di realizzare il desiderio di fecondità e rimanere incinta non passano generalmente più di due mesi; per cui, sapendolo, si potrebbe iniziare ad assumere da allora acido folico, arricchendo contemporaneamente la dieta di vegetali. Non si comprende come si possa prescrivere l’acido folico senza promuovere efficacemente la consapevolezza della sua importanza preventiva e della modalità corretta (tempi, dosaggio e importanza dell’alimentazione) di assunzione.
Ma anche la procreazione consapevole rappresenta un tema verso il quale le donne hanno una potenziale disponibilità a riflettere, così come altri argomenti, come, per esempio, le vaccinazioni. Le indagini dell’ISS (2002) confermano che se gli argomenti citati vengono considerati nell’attività di counselling durante il percorso della nascita o nei corsi di accompagnamento alla nascita (vere palestre per l’empowerment, se ben condotti) le donne “esposte” utilizzano con il loro partner alla ripresa dei rapporti sessuali (generalmente entro due mesi dal parto) i metodi della procreazione consapevole più efficaci, e vaccinano più tempestivamente i figli.

Il problema generale della nascita nel nostro Paese è la clamorosa contraddizione tra la modestissima azione di informazione e di counselling sui temi indicati e sugli altri attinenti il percorso nascita da parte di chi segue la gravidanza, così come durante i pochi giorni di permanenza nel centro nascita e l’eccesso di esami e indagini spesso inutili e potenzialmente dannosi, non fosse altro che per il rischio di falso positivo. Tale rischio, quando si ha a che fare con una indagine che può contare su una sensibilità e una specificità (nella pratica effettiva) entrambe del 95%, è pari al 50%, cioè uno su due rilevati positivi dal test sono falsi positivi, se la prevalenza della condizione che si vuole investigare è del 5% nella popolazione; mentre è pari all’84%, cioè sono falsi cinque su sei positivi al test, se la prevalenza della condizione è dell’1%.

L’indagine citata dell’ISS ha evidenziato che le ostetriche e i consultori familiari, che seguono però complessivamente meno del 10% delle gravidanze, forniscono informazioni più adeguate rispetto ai ginecologi. Così come nei corsi di accompagnamento alla nascita condotti dai consultori familiari pubblici si svolgono attività e si forniscono informazioni in modo più adeguato rispetto a quelli condotti negli ospedali o da privati. Purtroppo ai corsi partecipano le donne più istruite e quelle occupate, a causa della mancanza dell’offerta attiva, per la scarsità delle risorse umane nei consultori e a causa della mancanza dei consultori stessi, soprattutto al Sud. È superfluo dire che le donne che non frequentano i corsi sono quelle che ne avrebbero più bisogno, a dimostrazione di quanto sarebbe fondamentale che le attività consultoriali fossero riqualificate ed orientate secondo le indicazioni del Progetto Obiettivo Materno Infantile (POMI).

Per non parlare del modo in cui si partorisce: ancora una volta l’eccesso di parti con taglio cesareo ha ormai superato ogni livello di decenza e la comunità dei tecnici si dovrebbe vergognare di ammettere che si operi in così clamorosa contraddizione rispetto all’evidenza delle prove scientifiche (è utile ricordare che la pretesa autorevolezza dei tecnici rispetto alla cultura sapienziale delle donne sapienti (sages femmes) dovrebbe fondare sul rigoroso rispetto delle evidenze scientifiche). La conferma che non c’è giustificazione medica per “l’epidemia” dei tagli cesarei, senza uguali nel resto del mondo industrializzato, è la maggiore prevalenza al Sud, dove si registrano meno gravidanze problematiche, nei centri nascita più piccoli (con un chiaro gradiente) e in quelli convenzionati e, ancora di più, in quelli privati. Quando necessario, non più del 15% dei casi, il taglio cesareo è salvavita. Il rischio associato a tale procedura (aumento di due volte della mortalità neonatale e di quattro volte quella materna) è ampiamente compensato dal rischio corrispondente all’indicazione medica. Quando il taglio cesareo non è indicato significa consumare più risorse preziose con maggior danno per la salute.
Se si riuscirà nel nostro Paese a realizzare un sistema di sorveglianza attivo sulla mortalità materna, come l’ISS sta proponendo da tempo, si può scommettere qualunque cifra che tale sistema, se condotto scientificamente, rivelerà l’effetto nefasto dell’indebita epidemia.

Anche in caso di parto spontaneo le pratiche non raccomandate sono prevalenti nel nostro Paese, dall’induzione all’episiotomia, per finire con l’epidurale (oggi di gran moda): molto al di là di quanto ci si aspetterebbe tenendo conto delle indicazioni scientificamente fondate. Non è solo la donna che paga le conseguenze di modalità operative che non trovano giustificazione scientifica, anche le persone che nascono, come si è accennato, subiscono un insulto alla loro salute (dal taglio cesareo all’epidurale), così come devono subire una violenza inusitata quando non viene permesso con tempestività il contatto pelle-pelle, essenziale per l’avvio dell’allattamento al seno, per non parlare della costrizione al nido, dell’allattamento a ore, delle “aggiunte” e così via. In definitiva, la generalizzazione di pratiche raramente necessarie e, talvolta, salvavita, appare ormai aver superato ogni limite.

Non c’è giustificazione scientifica perché esperti di patologia seguano gravidanze e parti fisiologici. L’ostetrica ha tale competenza, riconosciuta dalle norme; agisce in completa autonomia, essendo sua competenza professionale riconoscere la condizione di rischio e in tal caso richiedere l’intervento dell’esperto di patologia, ma seguitando ad operare per assicurare lo sviluppo e la valorizzazione della competenza della donna e della persona che nasce.
Non c’è nessuna giustificazione giuridica che impedisca che le ostetriche possano prescrivere (analisi e farmaci, secondo protocolli specifici) quanto è necessario per il follow-up di una gravidanza, di un parto e di un puerperio fisiologici, (come è loro consentito in Francia). Le indagini dell’ISS dimostrano che quando la nascita è presa in carico, in tutto o in parte, dai consultori familiari pubblici e dalle ostetriche, si ha la maggiore esposizione alle pratiche raccomandate dalle conoscenze scientifiche disponibili e dalle norme attualmente vigenti. Si ha anche una minore esposizione a quelle non raccomandate.
Un cenno all’allattamento al seno, giusto per dire che il solo fatto che centri nascita che si possono fregiare del titolo UNICEF “ospedali amici dei bambini” siano meno del due percento, sul territorio nazionale, esprime in modo sintetico la follia della non promozione, non sostegno e non protezione dell’allattamento al seno.

Non si fa abbastanza in termini di informazione e sostegno per valorizzare e sviluppare la competenza delle donne e delle persone che nascono, ma si fa troppo in termini di pratiche inutili e, talvolta, dannose, contro ogni evidenza scientifica. Cioè a dire che proprio nella circostanza in cui sarebbe massima la resa dell’investimento per la promozione della salute, non solo non si fa abbastanza ma, all’opposto, si opera impedendo l’espressione della competenza, con effetti disastrosi con la persona che nasce (che purtroppo ha solo il pianto e non è in grado di inveire con improperi, né adire alle vie legali).

È noto che tale operazione di inibizione mortifica la persona e rischia di indurla in depressione, quando si ha successo nell’induzione del senso di inadeguatezza e di incompetenza (col biasimo delle vittime), come accade nel molto studiato fenomeno del “mobbing”.

Ed ecco il biasimo delle vittime: si afferma che sono le donne che chiedono il taglio cesareo, trascurando di menzionare quali informazioni vengono fornite, soprattutto sui rischi delle varie alternative, e non menzionando con quale approccio, che non è difficile immaginare “terroristico”, vengono fornite informazioni su una sola delle alternative.

Un cenno alla cosiddetta medicina difensiva. Se si espropria la donna della sua competenza, si induce senso di inadeguatezza, non la si informa adeguatamente, non si costruisce una alleanza, non ci si deve meravigliare che parta una richiesta risarcitoria quando si presenta un danno. Peraltro va ricordato che nelle vertenze davanti al magistrato intervengono medici legali che contribuiscono a valutare i processi decisionali a partire dall’accaduto e non dalla valutazione delle probabilità di rischio assunte per le diverse alternative che si offrivano al processo decisionale e della modalità della condivisione delle scelte sulla base del “peso”, assegnato dalla persona e solo da lei, alle eventuali conseguenze negative delle scelte in alternativa.

E si afferma che sono le donne a non voler allattare al seno. E meno male che non si azzardano a dire che sono le persone che nascono che non vogliono il latte materno (ma qualche sconsiderato c’è pure).

Le indagini dell’ISS, ben due, e l’ultima indagine multiscopo dell’ISTAT smentiscono clamorosamente la legittimità del biasimo delle vittime. Le donne preferiscono di gran lunga il parto spontaneo, sia che abbiano partorito spontaneamente (90%), sia che abbiano avuto il taglio cesareo (70%). Le stesse percentuali si hanno considerando donne con esperienza di parto precedente, spontaneo o con cesareo. Le stesse indagini confermano che il 95% delle donne desidera allattare al seno.

In sintesi, la medicalizzazione non è solo l’espressione di una indebita espansione di un mercato che specula sulla salute, quanto piuttosto un tentativo subdolo di espropriazione della persona della capacità di controllo sul proprio stato di salute. Solo in questa luce può divenire comprensibile che si accetti di esporsi a pratiche inutili e dannose come è il taglio cesareo, quando non sono date le condizioni che lo rendono necessario (non più del 10-15% dei parti, nel qual caso è salvavita). Come diviene comprensibile che venga più o meno esplicitamente ostacolato l’avvio e il proseguimento dell’allattamento al seno, impedendo alla persona nata di essere immediatamente a contatto pelle-pelle con la mamma in modo da poter esplicare la sua competenza a cercare il seno ed attaccarsi.
L’aspetto più paradossale ed inaccettabile è l’induzione del senso di inadeguatezza ed incompetenza: le donne che smettono di allattare o non iniziano non avendo motivi per farlo non dicono che sono state consigliate da qualcuno ma dichiarano che il loro latte era insufficiente o non buono a dispetto della fisiologia, delle prove scientifiche e, prima ancora, alla faccia di Darwin.
Non contenti del livello di medicalizzazione raggiunto in Italia, oggi si fa sempre più insistente l’offerta di anestesia epidurale, non esente da rischi, nuova forma di espropriazione (al di là delle condizioni in cui può essere indicata, tenendo conto della volontà autonoma della donna) del senso di competenza e produzione del senso di inadeguatezza. Senza entrare nel merito, pure necessario, dell’importanza del parto attivo, ben altri sono gli interventi, più efficaci, per il controllo del dolore: dalla conduzione della gravidanza alla modalità del travaglio e del parto.
Certo, non solo per questo aspetto i corsi di accompagnamento alla nascita, costantemente associati a una minore percezione del dolore, hanno un ruolo fondamentale. Va comunque detto che il vantaggio della partecipazione al corso si ha soprattutto se le pratiche della sala travaglio e della sala parto permettono alla donna di mettere in atto le competenze acquisite.
È interessante l’evoluzione della terminologia: dai corsi di psicoprofilassi ostetrica, ai corsi di preparazione al parto, quindi ai corsi di preparazione alla nascita, oggi ai corsi di accompagnamento alla nascita e infine si arriverà agli incontri di accompagnamento alla nascita che si sviluppano lungo tutto l’arco della gravidanza e successivamente dopo il parto, anche per consolidare la forte alleanza per il sostegno dell’allattamento al seno; l’evoluzione della terminologia testimonia un passaggio sempre più marcato da modelli direttivi a modelli di grande partecipazione e coinvolgimento su tutti gli aspetti, da quelli fisici a quelli psico-relazionali e sociali, che l’evento della nascita mette profondamente in gioco, con la sempre maggiore attenzione al coinvolgimento del partner.

Nelle indagini dell’ISS già citate i corsi di accompagnamento alla nascita risultano sistematicamente associati, soprattutto quelli organizzati dai consultori familiari, a una minore esposizione alle procedure e pratiche non appropriate e a migliori esiti immediati e a distanza, in primis la maggiore persistenza dell’allattamento al seno.
Si è detto della promozione della salute: i corsi di accompagnamento alla nascita, soprattutto se estesi al puerperio sono momenti centrali del processo di empowerment, e la loro efficacia è tanto maggiore quanto minore è l’approccio direttivo che spesso si esprime in “lezioni” frontali. La qualità percepita dell’informazione ricevuta e delle attività svolte nei corsi è nettamente maggiore rispetto a chi ha assistito la gravidanza.
L’evoluzione della terminologia da una parte ha tenuto conto dell’ampiezza e della complessità dell’evento nascita, dall’altra della necessità di un approccio non direttivo ma partecipato, come il modello della promozione della salute, secondo la Carta di Ottawa, impone.

Ma quali donne partecipano ai corsi? Qui si pone la grande sfida della sanità pubblica. Ai corsi partecipano di più le donne più istruite e le donne occupate (il lavoro favorisce livelli di socializzazione e senso di autonomia), a testimonianza di una carente offerta attiva. Certo, se mancano i servizi come i consultori familiari sul territorio e con le competenze professionali previste, in primis le ostetriche, non si può offrire alcunché, per questo non meraviglia che nel Sud siano poche le donne che hanno questa opportunità. Peraltro va detto che mentre al Centro Nord anche gli ospedali sede di reparti ostetrici organizzano corsi (anche se mediamente meno efficaci, forse per eccesso di direttività e di riduzionismo biologico, come sembrano far pensare i risultati delle indagini dell’ISS?), quasi il 50% di tutti i corsi, al Sud solo i consultori familiari, quando esistono e con le professionalità adeguate, offrono questa opportunità, mentre gli ospedali svolgono un ruolo assolutamente marginale, d’altronde coerentemente con gli eccessi di TC che vi occorrono.
Sono prevalentemente le primipare che partecipano ai corsi, probabilmente per una esigenza di priorità, vista la scarsità delle risorse, ma sempre le indagini dell’ISS testimoniano che la partecipazione a corsi nella gravidanza precedente mantiene il suo valore di empowerment (e sarebbe strano che così non fosse, se l’approccio è corretto).

Meriterebbe una riflessione a parte la estrema varietà di modelli di corsi sia per estensione temporale, sia per le modalità di svolgimento, per gli argomenti trattati e per le professionalità coinvolte (per esempio, desta sorpresa la scarsa attenzione dedicata alla sessualità, soprattutto la ripresa dei rapporti sessuali e la procreazione responsabile, quando dalla seconda metà degli anni ottanta l’ISS e le relazioni che i ministri della sanità/salute presentano al parlamento sulla applicazione della legge 194/78 raccomandano questo tema per perseguire l’obiettivo della riduzione del ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza). Inoltre, la valutazione dell’efficacia effettuata da parte di chi organizza i corsi si limita prevalentemente alla rilevazione del grado di soddisfazione delle partecipanti, certamente necessaria ma totalmente insufficiente.

Sarebbe auspicabile un processo di riflessione che coinvolga tutte le esperienze più significative per una elaborazione degli obiettivi minimi che comunque debbono essere raggiunti nella popolazione di riferimento e del sistema e degli indicatori corrispondenti, con il corredo degli indicatori di risultato e di processo, compreso quelli dei tassi di partecipazione specifici per stratificazione sociale. Tale riflessione dovrebbe fornire contributi sui meccanismi possibili di offerta attiva, per ridurre gli attuali processi di autoselezione. Si avrebbe come conseguenza la necessità di delineare il set minimo di temi da prendere in considerazione e indicazioni generali sullo svolgimento temporale dei corsi, comprendendo anche il puerperio. Tra gli indicatori più importanti non vi è dubbio debba essere considerata la prevalenza di allattamento esclusivo al seno al rientro a casa e a tre e a sei mesi di vita, oltre alla prevalenza di allattamento comunque al seno all’anno di vita.
L’accentuazione dell’allattamento al seno non sta soltanto per gli innumerevoli benefici per la mamma e per la persona nata, quanto perché, stante il desiderio delle mamme di allattare al seno (così si esprime il 95% delle donne al parto), la possibilità di realizzare tale desiderio è la migliore dimostrazione sintetica di un efficace processo di empowerment che si esprime nella riconquista di consapevolezza e competenza.

Sarebbe altresì auspicabile una sperimentazione sul campo dei modelli di offerta attiva e di valutazione su sufficiente larga scala per poter riflettere, sulla base dei risultati, sulle modalità di svolgimento dei corsi al fine di formulare linee di indirizzo condivise.
Il reparto salute della donna e dell’età evolutiva del Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute dell’ISS si candida a coordinare questo processo e la sperimentazione, nel caso riceva finanziamenti sufficienti allo scopo.

Perché fare tutto ciò? Perché è prescritto dal Progetto Obiettivo Materno Infantile (POMI; 2000) e dai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA; 2002) che integralmente lo incorpora. Il richiamo nel POMI e nei LEA alla legge 34/96 che stabilisce l’esistenza di un consultorio ogni 20000 abitanti in media, fa riferimento alla necessità che le risorse siano adeguate (il POMI indica anche l’organico raccomandato per i consultori familiari) perché possano essere realizzati i progetti strategici, uno dei quali riguarda proprio la nascita, nei quali l’offerta attiva a tutta la popolazione interessata è l’aspetto centrale. Sono chiaramente descritti obiettivi, indicatori, azioni e servizi dedicati. Le indagini dell’ISS mostrano che le attività previste per la nascita nel POMI risultano associate a migliori risultati e migliori esiti, in particolare per la promozione dell’allattamento al seno. La realizzazione del POMI dovrebbe essere una obbligazione visto che il POMI e i LEA sono norme vigenti e chi ha responsabilità di governo, di amministrazione e di direzione di servizi dovrebbero applicarle e risponderne dei risultati. Altrimenti non è chiaro cosa si intende per Stato di diritto e chi risponde di cosa dell’impiego delle risorse pubbliche, che derivano dalle tasse delle cittadine e dei cittadini che a loro volta si aspettano un ritorno in termini di qualità percepita e misurabile quantitativamente, perché possano giudicare chi amministra la cosa pubblica e chi governa.


Il POMI, come si è detto, rappresenta il termine di riferimento normativo sia riguardo gli obiettivi che devono essere perseguiti, dalla offerta attiva dei corsi di accompagnamento alla nascita alla demedicalizzazione dell’intero percorso, dalla offerta attiva dell’assistenza in puerperio al sostegno dell’allattamento al seno. Delinea le azioni raccomandate, i risultati da ottenere e gli obiettivi da raggiungere, con il corredo dei corrispondenti indicatori. Inoltre, sceglie una opzione strategica sul ruolo centrale dei consultori familiari, per i quali indica la necessità e la modalità del loro potenziamento e riqualificazione per svolgere le attività raccomandate.

Il percorso della nascita quindi si presta molto bene per valutare se i servizi socio-sanitari operano secondo lo spirito di aumentare le competenze delle persone oppure se agiscono inducendo senso di incompetenza. Un sistema di rilevazione sistematica della nascita con recupero dell’informazione attraverso un’intervista alla mamma sui servizi con cui ha interagito e le esposizioni (indagini, patologie insorte o preesistenti, corsi frequentati e tipo di assistenza) durante la gravidanza, e di nuovo intervista sulle modalità del travaglio parto, anche con l’ausilio della cartella ostetrica e sugli esiti del parto sia riguardo la sua salute sia riguardo la salute del nato/a e sulla modalità di avviamento dell’allattamento al seno permette di formulare ipotesi esplorative sui fattori di rischio di esposizione alle pratiche inutili, e sui fattori favorenti l’esposizione a quelle raccomandate, sulla loro influenza su alcuni esiti, il più importante dei quali è l’allattamento al seno.
Ogni attività umana viene intrapresa per un qualche obiettivo il cui raggiungimento viene sempre verificato, considerando l’insuccesso elemento di riflessione e stimolo per tentare strade alternative. Un esempio stimolante e molto istruttivo viene dall’esperienza quotidiana delle donne quando si occupano dell’alimentazione dei propri cari (che non chiamano clienti, utenti, consumatori e, tanto meno, pazienti). Si preoccupano di chiedere se quanto preparato abbia saziato e sia piaciuto e si preoccupano di verificare sul medio periodo se il regime alimentare faccia persistere in buono stato di salute, il tutto in condizioni, per la maggior parte delle famiglie, di scarsità di risorse. E quando emergono elementi di insoddisfazione da parte dei propri cari, si danno da fare, intanto confrontando le esperienze tra pari o traendo spunti da riviste o ricettari, per migliorare la qualità. Cioè a dire: non è tanto importante mettere qualcosa a tavola, quanto che sia assicurata la qualità, in termini di sazietà, nutrizione e piacere. La meravigliosa e ricchissima cucina mediterranea nasce proprio dall’applicazione, con il meccanismo descritto, dalla scienza delle donne che si arricchisce costantemente attraverso il meccanismo del “trial and error”, che è, per l’appunto, l’approccio scientifico. Basterebbe seguire questo modello dell’organizzazione delle attività (che riguarda anche l’igiene e il decoro della casa) in cui si lavora per obiettivi, si è sempre alla ricerca di migliorare la qualità percepita e reale con grande attenzione al parere dei propri cari, per identificare errori e apportare con intelligenza creativa innovazioni, basterebbe seguire questo modello nell’organizzazione e gestione dei servizi sanitari, finanziati (compresi gli stipendi) dalle tasse e dai contributi sanitari (oltre che dagli ignobili ticket, come se fossero i cittadini a decidere delle diagnosi e delle terapie), avendo cura di assicurare qualità, verificata con opportuni indicatori, e non di assicurare semplicemente prestazioni.
La prima questione della valutazione riguarda l’equità nel godimento dei diritti di salute. Le indagini condotte in Italia mostrano che le donne più istruite e le donne occupate frequentano di più i CAN rispetto alle donne meno istruite e alle casalinghe. Si è in presenza di un chiaro esempio di carenza di offerta attiva. Un primo indicatore è la frequenza di partecipazione ai CAN, specifica per livello di istruzione e per stato occupazionale, tra le donne che partoriscono residenti nel territorio di riferimento dei servizi in cui si organizzano i corsi stessi. È da tener presente che non si tratta solo di una questione, peraltro centrale, di equità, perché in caso di autoselezione non si può escludere che nella valutazione di efficacia il fattore di selezione sia il vero determinante degli esiti positivi , piuttosto che il corso stesso.
Si pone quindi i problema delle modalità dell’offerta attiva.
In primo luogo si tratta di identificare le occasioni utili per intercettare le donne in gravidanza, all’inizio della stessa, oppure intercettarle prima della gravidanza.
• Donne che si sposano (pubblicazioni in comune), donne che frequentano corsi prematrimoniali;
• donne che partoriscono, soprattutto in caso di primo figlio (centro nascita);
• donne (in età feconda con desiderio di avere figli) che effettuano il pap test per screening;
• donne (in età feconda con desiderio di figli) assistite da medici di medicina generale;
• donne (in età feconda con desiderio di figli) assistite da ginecologi, ostetriche;
• donne che si rivolgono in farmacia per acquistare un test di gravidanza;
• donne che contattano uffici della ASL per l’esenzione dal ticket o per ritirare il libretto di gravidanza;

In questi casi va richiesta la collaborazione attiva a proporre la possibilità e, in caso di adesione, recuperare un recapito telefonico per l’invito a partecipare ai corsi. Perché funzioni è assolutamente necessario che i corsi inizino, non oltre il terzo mese di gravidanza, con i primi incontri dedicati alle raccomandazioni.
È importante definire una politica di priorità , che privilegi le donne al primo figlio, ma non trascurando altre donne con necessità di sostegno.
Un primo indicatore è costituito dalla percentuale di partorienti, residenti nel bacino di riferimento del servizio che organizza il corso, che hanno frequentato un corso di accompagnamento alla nascita, specifico per parità e per livello di istruzione.
Se il corso viene gradito è più probabile che la frequenza agli incontri risulti elevata e la percentuale di donne iscritte che abbandonano dopo i primi incontri e quella delle donne che hanno partecipato a più del 70% degli incontri, sempre specifici per livello di istruzione, sono altri due indicatori utilizzabili.
La percentuale di donne che sono accompagnate dal partner, sopreatutto negli incontri in cui è particolarmente raccomandata la loro presenza, è un altro indicatore.
La percentuale di donne partecipanti al corso che esprimono gradimento complessivo al corso stesso, da apprezzare con un questionario di gradimento (dovrebbe essere superiore all’80%) è un indicatore importante di risultato che sarebbe opportuno arricchire con un questionario di valutazione (pre-post test) di modificazione di conoscenze e attitudini e comportamenti, con cui valutare l’efficacia della comunicazione.
Poiché è essenziale che il CAN preveda almeno un incontro dopo la nascita al fine di consolidare l’alleanza per l’assistenza in puerperio e per il sostegno dell’allattamento al seno, la percentuale delle partecipanti che frequenta l’incontro dopo il parto è un altro indicatore prezioso per apprezzare il gradimento.
Se il corso ha prodotto crescita di consapevolezza e di competenze, indicatori di risultato importanti saranno costituiti dalle percentuali di donne partecipanti con non più di 3 ecografie in caso di gravidanza a basso rischio, con parto con TC e, tra quelle che hanno partorito spontaneamente, con episiotomia e con richiesta di epidurale. Sempre al parto è importante apprezzare la percentuale delle donne che hanno potuto avere il contatto pelle-pelle immediatamente e hanno potuto attaccare al seno entro due ore dal parto. La percentuale di donne allattanti al seno in modo esclusivo alla dimissione e al rientro a casa costituiscono gli indicatori più importanti di esito. Tutti gli indicatori citati di risultato e di esito, soprattutto per quanto attiene all’aderenza alle procedure raccomandate e alla non esposizione a quelle non raccomandate vanno confrontati con campioni adeguati di donne che non hanno partecipato ai CAN.
Come si è detto, la promozione della salute se ben condotta con una strategia scientifica, produce riduzione di incidenza o di prevalenza di eventi o condizioni negativi o aumento di prevalenza di condizioni positive (per es. allattamento al seno). Un altro effetto di un buon programma è l’aumento della capacità delle persone coinvolte di cercare salute (effetto di empowerment) per questioni attinenti la nascita o per altre questioni; un ulteriore effetto è una aumentata capacità delle persone coinvolte efficacemente nel programma di farsi parte dirigente con altre persone non coinvolte (comunicazione-educazione tra pari). Nel caso della nascita, le donne partecipanti ai CAN si trovano a condividere nel centro nascita l’esperienza con altre donne e potrebbero sostenerle e sollecitarle ad accogliere (garantendo la qualità, a partire dall’accoglienza) l’invito per una visita (a domicilio o in consultorio) durante il primo mese di puerperio. Da ciò si può costruire un altro indicatore di risultato molto prezioso.
I servizi territoriali debbono assicurare almeno una visita in puerperio (più visite se con la donna si condivide una maggiore necessità di sostegno) al fine di rafforzare l’alleanza, per cui in caso di bisogno ci sia disposizione a rivolgersi al consultorio. Ma è anche necessario promuovere, sostenendone le iniziative al riguardo, la formazione di gruppi spontanei ed auto-organizzati per lo scambio di esperienze e sostegno reciproco e per la conquista di visibilità pubblica (dai luoghi per l’allattamento al seno e al cambio dei pannolini, alla formulazione di proposte di miglioramento dei servizi da avanzare alle autorità comunali e a quelle socio-sanitarie). Si verrà a creare anche l’opportunità di rompere condizioni di isolamento percepito. Tali gruppi possono anche offrire opportunità di sostegno ad altre donne che lo richiedessero, direttamente o per il tramite dei consultori. La realizzazione di tali esperienze e il numero di persone/famiglie coinvolte costituisce un indicatore importante della qualità dei corsi.
Indicatori importanti per valutare esiti a distanza sono in primo luogo l’allattamento al seno in modo esclusivo a tre mesi e a sei mesi e l’allattamento al seno comunque a 12 mesi, da apprezzare con interviste telefoniche o con visite domiciliari, anche su base campionaria, se consentito dalle donne (la percentuale di consensi è un altro indicatore di accreditamento).

Sono stati presentati esempi di indicatori e altri se ne potrebbero identificare tenendo conto delle peculiarità del corso che si organizza o di particolari interessi da valutare. È comunque sempre opportuno identificare l’indicatore esplicitando sempre la definizione del numeratore e quella del denominatore e la modalità di rilevazione dell’informazione per costruire l’indicatore.

Riguardo la progettazione operativa, è necessario formulare, alla luce della popolazione di riferimento del territorio di competenza, quanti corsi fare in relazione a quante donne coinvolgere in ogni corso, quale successione temporale, con quali orari e con quale durata per ogni incontro, quale impegno di quali figure professionali con quali modalità di interazione secondo la logica dell’equipe, come svolgere e condurre gli incontri, quali argomenti principali far emergere nel processo maieutico su cui sviluppare la presa di coscienza, e la competenza.
Sulla base di tali elementi si può formulare una ipotesi di carichi di lavoro e delle risorse necessarie. I corsi si sviluppano con la disponibilità di strutture e infrastrutture e strumenti didattici che vanno acquisiti. Il servizio consultoriale è impegnato anche in altri progetti strategici e satellite, oltre che nell’accoglienza e presa in carico della richiesta spontanea e, soprattutto, dalla richiesta attivata nell’azione di promozione della salute (bisogni di salute insoddisfatti e condizioni di disagio che hanno finalmente trovato l’ambiente adatto per essere espressi). La stima dei carichi di lavoro permette di valutare la fattibilità del programma e la eventuale necessità di risorse aggiuntive se ne è data la possibilità.
Per avere un’idea di prima approssimazione dei carichi di lavoro per figura professionale, in relazione alla realizzazione del progetto percorso nascita, avendo trascurato l’offerta attiva di counselling prematrimoniale e di counselling alle donne che entrano in gravidanza (per tali attività si applica una analoga procedura), si riporta un calcolo orientativo nell’ipotesi di un consultorio che opera in un bacino territoriale di 20000 abitanti e formulando una ipotesi di impegno delle figure professionali previste dal POMI:


Numerosità delle popolazioni bersaglio in una comunità di 20000 abitanti (ordine di grandezza)
Donne in età feconda (15-49 anni, 25% pop.tot.) 5000
Matrimoni /anno (0.48% pop.tot.) 90-100
Nascite (1% pop.tot.)/anno 200 (di cui 100 prime nascite)
Adolescenti in una fascia di età annuale (1% pop.tot,) 200
Donne di età 25-64 anni (30% pop.tot.) 6000

Percorso nascita
200 nascite attese per anno, 100 da primipare

Gravidanza - offerta attiva di corsi di accompagnamento alla nascita, Obiettivo: 80% delle primipare
80 donne, 6 corsi di 20 ore(h) ciascuno più 20%: 144h/anno

Ostetrica Ginecologo/a Ass. soc. Psicologo/a Pediatra Ass. san.
%* 75 35 20 30 30 20
Ore 108 50 28.8 43.2 43.2 28.8
* percentuale del tempo totale in cui si presume coinvolta/o la/o specifica/o operatrice/tore

Puerperio - Visite in puerperio, obiettivo 80% di tutte le donne che partoriscono in un anno
160 puerpere, 50% in Consultorio , 50% a domicilio.
1) in consultorio: 80 visite, 1h ciascuna per un totale di 80h,
per il 50% ,40, si ipotizza la necessità di una seconda visita, per un totale di 40h
per il 25% delle seconde visite, 10, si ipotizza una terza visita, per un totale di 10h
subtotale1: 130h/anno
2) a domicilio: 80 visite di 2h ciascuna per un totale di 160h
anche in questo caso si ipotizzano, con analoghe percentuali seconde e terze visite per un totale di 80h e 20h, rispettivamente
subtotale2: 260h/anno
Totale: 390h/anno, più il 20%: 470h/anno



Ostetrica Ginecologo/a Ass. soc. Psicologo/a Pediatra Ass. san.
% 80 30 60 30 20 80
Ore 376 141 282 141 94 376

Sommando:
Progetto Ostetrica Ginecologo/a Ass. soc. Psicologo/a Pediatra Ass. san.
Pernasc1 108 50 29 43 43 29
Pernasc2 376 141 282 141 94 376
Ore/anno 484 291 311 184 137 405
Ore/sett.* 12.1 7.3 7.8 4.6 3.4 10.1
*considerando 40 settimane effettivamente disponibili

Si tratta di organizzare i corsi che è raccomandabile inizino almeno dal quarto mese di gravidanza e, quindi, è necessario che si svolgano in parallelo con adeguata sfasatura, con impegno in giorni fissi della settimana lavorativa, allo scopo di verificare non solo quanto tempo di lavoro viene assorbito ma anche come è articolato nel corso della settimana, allo scopo di assicurare la svolgibilità delle altre attività. Di seguito viene riportato un esempio di valutazione di carichi di lavoro per corsi/incontri di accompagnamento alla nascita nel distretto delle Eolie:

Ipotesi di carichi di lavoro per assistenza al percorso nascita nel Distretto delle Eolie.

Anno 2003
Comune Popolazione totale Donne 15-49 anni Nati 3003
Lipari
Lipari
Vulcano
Stromboli
Alicudi
Panarea
Filicudi 10554 2694 100
89
3
2
1
2
3
Malfa 852 222 9
S. Marina 809 212 8
Leni 645 149 7
Totale 12860 3277 124

Tenendo conto della ripartizione della popolazione e, conseguentemente delle nascite, è possibile organizzare incontri (corsi) di accompagnamento alla nascita solo nell’isola di Lipari, con una possibile affluenza solo delle residenti nell’isola. Un mese sì e un mese no inizia il ciclo di incontri con arruolamento delle gravidanze tra il 3° e il 4° mese, ogni ciclo inizia con i primi due incontri nei primi due mesi, uno al mese e i successivi 6 incontri nei successivi 3 mesi, due al mese; dopo il parto è previsto un incontro assieme alle frequentanti il corso successivo in occasione del loro penultimo (settimo) incontro. Ogni incontro può essere della durata di 2 ore, auspicabilmente il pomeriggio. Nei primi due mesi gli incontri potrebbero essere previsti per i primi mercoledì e nei successivi tre mesi il 2° e il 4° giovedì di ogni mese.
Il 2° corso inizia il 3° mese e per i primi due mesi gli incontri saranno tenuti sempre il 1° mercoledì mentre gli altri incontri, due al mese per i tre mesi successivi, saranno sempre il 1° e il 3° giovedì di ogni mese. Il 3° corso si sviluppa come il 1° corso (1° mercoledì per i primi 2 mesi e 2° e 4° giovedì per i tre mesi successivi).
In condizioni di regime il consultorio familiare sarà impegnato:
Gennaio- 1° settimana: Merc (1° incontro 1° Corso), Giov (3° incontro 6° corso)
2° settimana: Giov (7° incontro 5° corso)
3° settimana: Giov (4° incontro 6° corso)
4° settimana: Giov (8° incontro 5° corso)
Febbraio- 1° settimana: Merc (2° incontro 1° corso), Giov (5° incontro 6° corso)
2° settimana: nessun incontro
3° settimana: Giov (6° incontro 6° corso)
4° settimana: nessun incontro
Marzo- 1° settimana: Merc (1° incontro 2° corso), Giov (7° incontro 6° corso)
2° settimana: Giov (3° incontro 1° corso)
3° settimana: Giov (8° incontro 6° corso)
4° settimana: Giov (4° incontro 1° corso)
Aprile- 1° settimana: Merc (2° incontro 2° corso)
2° settimana : Giov (5° incontro 1° corso)
3° settimana: nessun incontro
4° settimana: Giov (6° incontro 1° corso)
Maggio – 1° settimana: Merc (1° incontro 3° corso), Giovedì (3° incontro 2° corso)
2° settimana: Giov (7° incontro 1° corso)
3° settimana: Giov (4° incontro 2 corso)
4° settimana: Giov (8° incontro 1° corso)

Giugno – 1° settimana: Merc (2° incontro 3° corso), Giov (5° incontro 2° corso)
2° settimana: nessun incontro
3° settimana: Giov (6° incontro 2° corso)
4° settimana: nessun incontro
Luglio - 1° settimana: Merc (1° incontro 4° corso), Giov (7° incontro 2° corso)
2° settimana: Giov (3° incontro 3° corso)
3° settimana: Giov (8° incontro 2° corso)
4° settimana: Giov (4° incontro 3° corso)
Agosto - 1° settimana: Merc (2° incontro 4° corso)
2° settimana: Giov (5° incontro 3° corso)
3° settimana: nessun incontro
4° settimana: Giov (6° incontro 3° corso)
Settembre: 1° settimana: Merc (1° incontro 5° corso), Giov (3° incontro 4° corso)
2° settimana: Giov (7° incontro 3° corso)
3° settimana: Giov (4° incontro 4° corso)
4° settimana: Giov (8° incontro 3° corso)
Ottobre: 1° settimana: Merc (2° incontro 5° corso), Giov (5° incontro 4° corso)
2° settimana: nessun incontro
3° settimana: Giov (6° incontro 4° corso)
4° settimana: nessun incontro
Novembre: 1° settimana: Merc (1° incontro 6° corso), Giov (7° incontro 4° corso)
2° settimana: Giov (3° incontro 5° corso)
3° settimana: Giov (8° incontro 4° corso)
4° settimana: Giov (4° incontro 5° corso)
Dicembre - 1° settimana: Merc (2° incontro 6° corso)
2° settimana: Giov (5° incontro 5° corso)
3° settimana: nessun incontro
4° settimana: Giov (6° incontro 5° corso)


Risultano impegnate 39 settimane di cui 9 prime settimane di mese con un incontro sia il mercoledì che il giovedì e tre prime settimane con un solo incontro il mercoledì. Nelle rimanenti 27 settimane è previsto un solo incontro il giovedì. Poiché è previsto che un singolo incontro duri 2 ore si ha:
9 settimane con 4h/settimana = 36h
3 settimane + 27 settimane con 2h/settimana = 60 h
Totale generale = 96h/anno


Se nascono a Lipari circa 8 bambini al mese e si ipotizza una adesione di circa il 50-60% (prevalentemente primipare) a ogni corso dovrebbero partecipare circa 10 donne.

Nel centro nascita di Lipari dove dovrebbero aversi non più di 2 nascite a settimana, sono sufficienti 2 ore a settimana per un colloquio con le partorienti.
Totale visite al centro nascita: 50 visite per un totale di 100h/anno.

Nel puerperio sarebbe auspicabile offrire (offerta anticipata durante le visite in reparto e, per quelle frequentanti gli incontri di preparazione alla nascita all’ultimo incontro, assieme all’invito di fare un incontro collettivo entro il mese dalla nascita con le donne frequentanti il corso successivo al penultimo incontro [7° Giovedì]) incontri a domicilio (2h/incontro) entro il 1° mese dalla nascita e un incontro in consultorio (1h/incontro) attorno al 3° mese. Sarebbe importante avere come obiettivo coinvolgere in queste visite individuali almeno l’80% delle nascite, cioè circa 160 incontri, 80 in consultorio per un totale di 80 ore/anno, e 80 a domicilio per un totale di 160 ore/anno, per un totale 2hx80 + 1hx80 =240 h/anno, che se contato su 40 settimane dovrebbe comportare 6h/settimana (si potrebbe risparmiare risorse rinunciando agli incontri in consultorio individuali per le partecipanti agli incontri di accompagnamento alla nascita, visto che una volta partorito hanno un incontro collettivo con le gravide del corso successivo al loro penultimo incontro).

Da analizzare dove vengono effettuate le vaccinazioni e il possibile utilizzo di questo importante momento.

Per le donne che non frequentano il corso di accompagnamento alla nascita si potrebbe offrire almeno 2 incontri (invitandole in consultorio e, in casi estremi con visita domiciliare) uno verso il 3°-4° mese e uno verso il 7°-8° mese della gravidanza, con l’offerta di counselling su procedure raccomandabili e allattamento al seno. Si tratta di non più di 40 donne/anno (immaginando un tasso di accettazione almeno dell’80%) con la previsione di 80 ore/anno, quindi 2 ore a settimana su 40 settimane.

Carichi di lavoro Lipari (dove nasce l’80% dei bambini del distretto)

Incontri accompagnamento alla nascita: Totale generale = 96h/anno

Incontri al centro nascita: Totale visite al centro nascita: 50 visite per un totale di 100h/anno

Incontri in puerperio: totale 2hx80 + 1hx80 =240 h/anno

Offerta incontri in gravidanza alle donne non frequentanti gli incontri: 80 ore/anno

Totale generale sull’anno: 96+100+240+80 = 516

Calcolando l’anno su 40 settimane si ha 516/40 = 12.9h/settimana


Salina circa 15 nati/anno e supponendo una accettazione di 12 si possono ipotizzare 2 incontri in gravidanza e 2 dopo il parto, andando a Salina una volta ogni 2 mesi in un punto di riferimento (Malfa?) e incontrare tutte le donne impegnate nel percorso nascita.
Per Salina si ha 6 giorni/anno

Per le altre isole si possono ipotizzare una visita ogni 4-6 mesi (3-2 visite/anno per un totale di 15-10gg/anno).


Ipotesi di argomenti per gli incontri:

Fisiologia della riproduzione e misure raccomandate in gravidanza
travaglio/parto
luogo del parto
alimentazione (rivisitazioni abitudini alimentari)
allattamento
contraccezione
cure del bambino (vaccinazioni, svezzamento ecc.)
norme tutela nascita

nella pagina successiva si riporta lo schema di svolgimento temporale delle attività.












Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto
1 set. 2 set. 3 set. 4 set. 1 set. 2 set. 3 set. 4 set. 1 set. 2 set. 3 set. 4 set. 1 set. 2 set. 3 set. 4 set. 1 set. 2 set. 3 set. 4 set. 1 set. 2 set. 3 set. 4 set. 1 set. 2 set. 3 set. 4 set. 1 set. 2 set. 3 set. 4 set.
MER MER GIO GIO GIO GIO GIO GIO Dopo
1° I 1°C 2° I 1°C 3° I 1°C 4° I 1°C 5° I 1°C 6° I 1°C 7° I 1°C 8° I 1°C parto


MER MER GIO GIO GIO GIO GIO GIO
1° I 2°C 2° I 2°C 3° I 2°C 4° I 2°C 5° I 2°C 6° I 2°C 7° I 2°C 8° I 2°C
MER MER GIO GIO GIO GIO
1° I 3°C 2° I 3°C 3° I 3°C 4° I 3°C 5° I 3°C 6° I 3°C
MER MER
1° I 4°C 2° I 4°C
Dopo

parto
GIO
7° I 5°C GIO Dopo
8° I 5°C parto


GIO GIO GIO GIO GIO GIO Dopo
3° I 6°C 4° I 6°C 5° I 6°C 6° I 6°C 7° I 6°C 8° I 6°C parto

Settembre Ottobre Novembre Dicembre
1 set. 2 set. 3 set. 4 set. 1 set. 2 set. 3 set. 4 set. 1 set. 2 set. 3 set. 4 set. 1 set. 2 set. 3 set. 4 set.


Dopo

parto
GIO GIO Dopo

7° I 3°C 8° I 3°C parto
GIO GIO GIO GIO GIO GIO
3° I 4°C 4° I 4°C 5° I 4°C 6° I 4°C 7° I 4°C 8° I 4°C
MER MER GIO GIO GIO GIO
1° I 5°C 2° I 5°C 3° I 5°C 4° I 5°C 5° I 5°C 6° I 5°C

MER MER
1° I 6°C 2° I 6°C






Riferimenti:
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