
Basi epistemologiche ed epidemiologiche e progettazione operativa, implementazione e valutazione dei Corsi di Accompagnamento alla Nascita.
Michele E. Grandolfo
Direttore Reparto Salute della donna e dell’età evolutiva
Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute
Istituto Superiore di Sanità. V.le Regina Elena, 299 00161 Roma
Tel.: 06 49904309/11, Fax.: 06 49904310, e-mail: michele.grandolfo@iss.it
La Sanità Pubblica ha ragione di esistere solo se è in grado di ridurre gli effetti sulla salute delle disuguaglianze sociali. Se questo obiettivo viene raggiunto ogni persona della comunità nazionale ne trae beneficio, qualunque sia la sua condizione sociale, perché lo stato di salute di ciascuna
persona dipende dallo stato di salute di tutte le altre, nessuna esclusa. Questo risultato, scientificamente comprovato, giustifica la proporzionalità in relazione al reddito della contribuzione per garantire i servizi sanitari.
Perché questo obiettivo, di rilevanza costituzionale, sia perseguito è necessario che il sistema nel suo complesso operi nella prospettiva della promozione della salute, secondo la definizione della Carta di Ottawa (1986). L’attività di promozione della salute ha l’obiettivo finale di aumentare la capacità di controllo sul proprio stato di salute da parte di ogni singola persona costituente la comunità.
Quindi si può concludere che un sistema sanitario pubblico ha ragione di essere se, e soltanto se, promuove l’autonomia delle persone nella gestione del proprio stato di salute.
In tale prospettiva, si deve assumere un cambiamento radicale di paradigma, vera e propria rivoluzione copernicana, sia per quanto attiene il modello di welfare, sia per quanto attiene il modello della salute che lo sottende.
La promozione dell’autonomia delle persone (processo di empowerment) si realizza se il modello di welfare è fondato sulla partecipazione e sull’empowerment, e assume che le persone sono competenti, e su tale competenza è necessario investire. Ben altra prospettiva rispetto al modello paternalistico direttivo di bismarkiana memoria, fondato alla fine del diciannovesimo secolo e durato fino all’inizio del secondo dopoguerra del ventesimo secolo. Il vecchio modello, sotteso da un modello biomedico di salute, assegnava al tecnico la responsabilità di stabilire e disporre gli interventi che le persone dovevano accettare in quanto incompetenti e sotto tutela.
L’assunzione della competenza (potenziale) delle persone apre la prospettiva verso un modello sociale di salute, secondo il quale i determinanti sociali sono le cause dietro le cause biologiche.
Nel modello sociale di salute l’assunzione della competenza della persona è essenziale, a partire dalla constatazione che tali determinanti della salute possono essere conosciuti adeguatamente solo se la persona stessa viene messa in condizione di poterli esprimere. Sia l’attività di cura e riabilitazione, dal processo diagnostico alla costituzione dell’alleanza terapeutica, sia l’attività di promozione della salute devono partire necessariamente dal riconoscimento, da parte dell’operatore e della persona, dei determinanti sociali, attraverso la riflessione sui vissuti quotidiani e sulla memoria storica della comunità di appartenenza. Ed è compito professionale primario di chi opera per la tutela e promozione della salute esercitare l’arte della maieutica nella relazione con la persona, perché faccia emergere alla propria consapevolezza e a quella del professionista i determinanti sociali del proprio stato di salute.
I nuovi paradigmi sollecitano verso l’organizzazione di servizi sociosanitari di base integrati e con competenze multidisciplinari capaci di svolgere questa funzione maieutica essenziale.
I consultori familiari, intuizione geniale del movimento delle donne, sono stati istituiti per rispondere all’esigenza di comprensione dei determinanti sociali (modello sociale di salute) con la equipe multidisciplinare e di impostare le relazioni in modo non paternalistico e non direttivo per promuovere l’autodeterminazione delle persone (modello di welfare partecipativo). Solo dopo un quarto di secolo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha preso coscienza che i servizi di “primary health care, con particolare riferimento all’area della “maternal & child health”, dovessero avere tali caratteristiche. A livello internazionale il concetto di autodeterminazione è stato posto all’ordine del giorno con la Carta di Ottawa (1986) sulla promozione della salute, definita come l’insieme delle attività che hanno come obiettivo l’aumento della capacità delle persone di avere controllo sul proprio stato di salute.
Perché l’attività di promozione della salute raggiunga l’obiettivo cui tende – l’autodeterminazione della persona – è necessario, pena il sicuro fallimento, che vengano assunti e praticati i termini di riferimento detti.
Un welfare della partecipazione significa che è competenza dell’operatore (dell’equipe multidisciplinare) interagire con la persona in un rapporto paritario basato sul rispetto, sulla gentilezza, sull’empatia e sulla compassione. Significa anche che quando la comunicazione non è efficace perché si frappongono barriere, è compito dell’operatore riconoscerne la natura (fisica, psicologica, culturale, sociale, etica, antropologica) assumendo con umiltà (base fondamentale per la conoscenza) la responsabilità dell’errore di comunicazione. L’errore nasce dalla inadeguatezza del modello interpretativo che viene assunto nell’interagire con la persona e tale inadeguatezza può dipendere dai paradigmi che sostengono la visione del mondo del professionista. Cogliendo i segnali con attenzione, con grande disponibilità all’ascolto ed eventualmente investigando sui motivi della non accettazione, può essere in grado di stimare i fattori di rischio del fallimento della comunicazione e tentare creativamente strade innovative. L’umiltà è essenziale per mettere in discussione la propria visione del mondo e per evitare di cadere nella trappola autoreferenziale del biasimo delle vittime, vera tomba della professionalità e, con essa, della sanità pubblica.
Se la promozione della salute può essere considerata l’attività emblematica, quindi cartina di tornasole, della sanità pubblica, perché la sua qualità dipende dai paradigmi concretamente assunti dal sistema, appare evidente l’attenzione verso la salute della donna e dell’età evolutiva.
E ci sono non una ma due buone ragioni: in primo luogo si tratta di settori forti della popolazione. Le donne perché pilastri delle famiglie e le nuove generazioni perché con maggiore patrimonio di salute e costruenti il futuro, entrambi capaci di irradiare nello tessuto sociale, a partire dal sistema delle relazioni familiari gli effetti della promozione della salute. La seconda ragione è che l’attività prevalente che riguarda tali settori di popolazione attiene alla fisiologia, in cui la valorizzazione del patrimonio di salute e il suo potenziamento rappresentano lo scopo ultimo dell’azione.
In tale prospettiva qualunque eccesso di medicalizzazione non trova la pur minima giustificazione che potrebbe esserci quando si ha a che fare con la sofferenza, nel qual caso il tentativo di provare soluzioni che si sa in partenza essere non efficaci si propone costantemente e a cui è obbiettivamente difficile sottrarsi.
Quindi si può assumere che la salute della donna e dell’età evolutiva sono cartina di tornasole della qualità dei sistemi sociosanitari e, in definitiva, dei modelli di società. Più specificamente sono cartina di tornasole del modello di welfare e del modello di salute, rispettivamente praticato ed assunto.
L’età evolutiva merita di essere coinvolta per la promozione della salute soprattutto nel contesto scolastico, luogo deputato per eccellenza alla promozione della consapevolezza e della competenza, e la promozione della salute può essere particolarmente sostenuta dal processo curriculare formale (intelligentemente svolto) e, a sua volta, vivifica il processo formativo formale, evidenziando i nessi tra l’esperienza quotidiana di ogni persona e le grandi direttrici dell’evoluzione umana.
L’ambito della nascita vede la donna esprimersi nella dimensione più alta della potenza e della competenza, quella creativa. Non c’è un momento più appropriato per investire nella promozione della salute del percorso della nascita. Si ha il massimo della disponibilità a riflettere sul proprio stato di salute, al fine di assicurare le migliori condizioni per la persona che nasce.
Così il 50% delle donne che fumano smettono di farlo e chi seguita a fumare riduce mediamente della metà il numero di sigarette (indagine ISS, 1996). Per inciso, tra quelle che hanno smesso, riprende a fumare entro due mesi dal parto il 50% di chi allatta artificialmente, il 22% di chi allatta in modo misto (complementare) e solo l’11% di chi allatta al seno in modo esclusivo o predominante. Piuttosto che condurre campagne con venature moralistiche e, talvolta, terroristiche contro il fumo di sigaretta in gravidanza e durante il puerperio, si avrebbero risultati straordinari nella lotta al tabagismo se si promuovesse efficacemente l’allattamento al seno, esclusivo almeno fino a sei mesi e, accompagnando lo svezzamento, anche fino a due anni e oltre. Si tratta, peraltro, di aiutare le donne a realizzare un loro ripetutamente dichiarato desiderio: almeno il 95% delle donne intervistate vuole allattare al seno.
Non va anche sottovalutata la generalizzata attenzione all’alimentazione, non solo in gravidanza ma anche durante il puerperio: generalmente aumenta il consumo di frutta e verdura, anche per la prevenzione dei difetti del tubo neurale, e in generale ci si orienta verso una dieta più equilibrata. Non c’è occasione migliore per promuovere consapevolezza e competenza sull’alimentazione, tenendo conto che generalmente è comunque la donna a gestire questo aspetto essenziale della vita quotidiana della famiglia.
Certo è sorprendente il risultato di una indagine pilota sull’acido folico, condotta recentemente dall’ISS da cui risulta che se oltre il 90% delle donne lo assume in gravidanza, solo il 4% lo fa nel periodo periconcezionale e di più le primipare che le pluripare. È un risultato paradossale che mette in evidenza una colossale mancata opportunità che non si è colta nella gravidanza precedente, tenendo conto che oltre il 70% delle gravidanze vengono programmate e che tra la decisione di realizzare il desiderio di fecondità e rimanere incinta non passano generalmente più di due mesi; per cui, sapendolo, si potrebbe iniziare ad assumere da allora acido folico, arricchendo contemporaneamente la dieta di vegetali. Non si comprende come si possa prescrivere l’acido folico senza promuovere efficacemente la consapevolezza della sua importanza preventiva e della modalità corretta (tempi, dosaggio e importanza dell’alimentazione) di assunzione.
Ma anche la procreazione consapevole rappresenta un tema verso il quale le donne hanno una potenziale disponibilità a riflettere, così come altri argomenti, come, per esempio, le vaccinazioni. Le indagini dell’ISS (2002) confermano che se gli argomenti citati vengono considerati nell’attività di counselling durante il percorso della nascita o nei corsi di accompagnamento alla nascita (vere palestre per l’empowerment, se ben condotti) le donne “esposte” utilizzano con il loro partner alla ripresa dei rapporti sessuali (generalmente entro due mesi dal parto) i metodi della procreazione consapevole più efficaci, e vaccinano più tempestivamente i figli.
Il problema generale della nascita nel nostro Paese è la clamorosa contraddizione tra la modestissima azione di informazione e di counselling sui temi indicati e sugli altri attinenti il percorso nascita da parte di chi segue la gravidanza, così come durante i pochi giorni di permanenza nel centro nascita e l’eccesso di esami e indagini spesso inutili e potenzialmente dannosi, non fosse altro che per il rischio di falso positivo. Tale rischio, quando si ha a che fare con una indagine che può contare su una sensibilità e una specificità (nella pratica effettiva) entrambe del 95%, è pari al 50%, cioè uno su due rilevati positivi dal test sono falsi positivi, se la prevalenza della condizione che si vuole investigare è del 5% nella popolazione; mentre è pari all’84%, cioè sono falsi cinque su sei positivi al test, se la prevalenza della condizione è dell’1%.
L’indagine citata dell’ISS ha evidenziato che le ostetriche e i consultori familiari, che seguono però complessivamente meno del 10% delle gravidanze, forniscono informazioni più adeguate rispetto ai ginecologi. Così come nei corsi di accompagnamento alla nascita condotti dai consultori familiari pubblici si svolgono attività e si forniscono informazioni in modo più adeguato rispetto a quelli condotti negli ospedali o da privati. Purtroppo ai corsi partecipano le donne più istruite e quelle occupate, a causa della mancanza dell’offerta attiva, per la scarsità delle risorse umane nei consultori e a causa della mancanza dei consultori stessi, soprattutto al Sud. È superfluo dire che le donne che non frequentano i corsi sono quelle che ne avrebbero più bisogno, a dimostrazione di quanto sarebbe fondamentale che le attività consultoriali fossero riqualificate ed orientate secondo le indicazioni del Progetto Obiettivo Materno Infantile (POMI).
Per non parlare del modo in cui si partorisce: ancora una volta l’eccesso di parti con taglio cesareo ha ormai superato ogni livello di decenza e la comunità dei tecnici si dovrebbe vergognare di ammettere che si operi in così clamorosa contraddizione rispetto all’evidenza delle prove scientifiche (è utile ricordare che la pretesa autorevolezza dei tecnici rispetto alla cultura sapienziale delle donne sapienti (sages femmes) dovrebbe fondare sul rigoroso rispetto delle evidenze scientifiche). La conferma che non c’è giustificazione medica per “l’epidemia” dei tagli cesarei, senza uguali nel resto del mondo industrializzato, è la maggiore prevalenza al Sud, dove si registrano meno gravidanze problematiche, nei centri nascita più piccoli (con un chiaro gradiente) e in quelli convenzionati e, ancora di più, in quelli privati. Quando necessario, non più del 15% dei casi, il taglio cesareo è salvavita. Il rischio associato a tale procedura (aumento di due volte della mortalità neonatale e di quattro volte quella materna) è ampiamente compensato dal rischio corrispondente all’indicazione medica. Quando il taglio cesareo non è indicato significa consumare più risorse preziose con maggior danno per la salute.
Se si riuscirà nel nostro Paese a realizzare un sistema di sorveglianza attivo sulla mortalità materna, come l’ISS sta proponendo da tempo, si può scommettere qualunque cifra che tale sistema, se condotto scientificamente, rivelerà l’effetto nefasto dell’indebita epidemia.
Anche in caso di parto spontaneo le pratiche non raccomandate sono prevalenti nel nostro Paese, dall’induzione all’episiotomia, per finire con l’epidurale (oggi di gran moda): molto al di là di quanto ci si aspetterebbe tenendo conto delle indicazioni scientificamente fondate. Non è solo la donna che paga le conseguenze di modalità operative che non trovano giustificazione scientifica, anche le persone che nascono, come si è accennato, subiscono un insulto alla loro salute (dal taglio cesareo all’epidurale), così come devono subire una violenza inusitata quando non viene permesso con tempestività il contatto pelle-pelle, essenziale per l’avvio dell’allattamento al seno, per non parlare della costrizione al nido, dell’allattamento a ore, delle “aggiunte” e così via. In definitiva, la generalizzazione di pratiche raramente necessarie e, talvolta, salvavita, appare ormai aver superato ogni limite.
Non c’è giustificazione scientifica perché esperti di patologia seguano gravidanze e parti fisiologici. L’ostetrica ha tale competenza, riconosciuta dalle norme; agisce in completa autonomia, essendo sua competenza professionale riconoscere la condizione di rischio e in tal caso richiedere l’intervento dell’esperto di patologia, ma seguitando ad operare per assicurare lo sviluppo e la valorizzazione della competenza della donna e della persona che nasce.
Non c’è nessuna giustificazione giuridica che impedisca che le ostetriche possano prescrivere (analisi e farmaci, secondo protocolli specifici) quanto è necessario per il follow-up di una gravidanza, di un parto e di un puerperio fisiologici, (come è loro consentito in Francia). Le indagini dell’ISS dimostrano che quando la nascita è presa in carico, in tutto o in parte, dai consultori familiari pubblici e dalle ostetriche, si ha la maggiore esposizione alle pratiche raccomandate dalle conoscenze scientifiche disponibili e dalle norme attualmente vigenti. Si ha anche una minore esposizione a quelle non raccomandate.
Un cenno all’allattamento al seno, giusto per dire che il solo fatto che centri nascita che si possono fregiare del titolo UNICEF “ospedali amici dei bambini” siano meno del due percento, sul territorio nazionale, esprime in modo sintetico la follia della non promozione, non sostegno e non protezione dell’allattamento al seno.
Non si fa abbastanza in termini di informazione e sostegno per valorizzare e sviluppare la competenza delle donne e delle persone che nascono, ma si fa troppo in termini di pratiche inutili e, talvolta, dannose, contro ogni evidenza scientifica. Cioè a dire che proprio nella circostanza in cui sarebbe massima la resa dell’investimento per la promozione della salute, non solo non si fa abbastanza ma, all’opposto, si opera impedendo l’espressione della competenza, con effetti disastrosi con la persona che nasce (che purtroppo ha solo il pianto e non è in grado di inveire con improperi, né adire alle vie legali).
È noto che tale operazione di inibizione mortifica la persona e rischia di indurla in depressione, quando si ha successo nell’induzione del senso di inadeguatezza e di incompetenza (col biasimo delle vittime), come accade nel molto studiato fenomeno del “mobbing”.
Ed ecco il biasimo delle vittime: si afferma che sono le donne che chiedono il taglio cesareo, trascurando di menzionare quali informazioni vengono fornite, soprattutto sui rischi delle varie alternative, e non menzionando con quale approccio, che non è difficile immaginare “terroristico”, vengono fornite informazioni su una sola delle alternative.
Un cenno alla cosiddetta medicina difensiva. Se si espropria la donna della sua competenza, si induce senso di inadeguatezza, non la si informa adeguatamente, non si costruisce una alleanza, non ci si deve meravigliare che parta una richiesta risarcitoria quando si presenta un danno. Peraltro va ricordato che nelle vertenze davanti al magistrato intervengono medici legali che contribuiscono a valutare i processi decisionali a partire dall’accaduto e non dalla valutazione delle probabilità di rischio assunte per le diverse alternative che si offrivano al processo decisionale e della modalità della condivisione delle scelte sulla base del “peso”, assegnato dalla persona e solo da lei, alle eventuali conseguenze negative delle scelte in alternativa.
E si afferma che sono le donne a non voler allattare al seno. E meno male che non si azzardano a dire che sono le persone che nascono che non vogliono il latte materno (ma qualche sconsiderato c’è pure).
Le indagini dell’ISS, ben due, e l’ultima indagine multiscopo dell’ISTAT smentiscono clamorosamente la legittimità del biasimo delle vittime. Le donne preferiscono di gran lunga il parto spontaneo, sia che abbiano partorito spontaneamente (90%), sia che abbiano avuto il taglio cesareo (70%). Le stesse percentuali si hanno considerando donne con esperienza di parto precedente, spontaneo o con cesareo. Le stesse indagini confermano che il 95% delle donne desidera allattare al seno.
In sintesi, la medicalizzazione non è solo l’espressione di una indebita espansione di un mercato che specula sulla salute, quanto piuttosto un tentativo subdolo di espropriazione della persona della capacità di controllo sul proprio stato di salute. Solo in questa luce può divenire comprensibile che si accetti di esporsi a pratiche inutili e dannose come è il taglio cesareo, quando non sono date le condizioni che lo rendono necessario (non più del 10-15% dei parti, nel qual caso è salvavita). Come diviene comprensibile che venga più o meno esplicitamente ostacolato l’avvio e il proseguimento dell’allattamento al seno, impedendo alla persona nata di essere immediatamente a contatto pelle-pelle con la mamma in modo da poter esplicare la sua competenza a cercare il seno ed attaccarsi.
L’aspetto più paradossale ed inaccettabile è l’induzione del senso di inadeguatezza ed incompetenza: le donne che smettono di allattare o non iniziano non avendo motivi per farlo non dicono che sono state consigliate da qualcuno ma dichiarano che il loro latte era insufficiente o non buono a dispetto della fisiologia, delle prove scientifiche e, prima ancora, alla faccia di Darwin.
Non contenti del livello di medicalizzazione raggiunto in Italia, oggi si fa sempre più insistente l’offerta di anestesia epidurale, non esente da rischi, nuova forma di espropriazione (al di là delle condizioni in cui può essere indicata, tenendo conto della volontà autonoma della donna) del senso di competenza e produzione del senso di inadeguatezza. Senza entrare nel merito, pure necessario, dell’importanza del parto attivo, ben altri sono gli interventi, più efficaci, per il controllo del dolore: dalla conduzione della gravidanza alla modalità del travaglio e del parto.
Certo, non solo per questo aspetto i corsi di accompagnamento alla nascita, costantemente associati a una minore percezione del dolore, hanno un ruolo fondamentale. Va comunque detto che il vantaggio della partecipazione al corso si ha soprattutto se le pratiche della sala travaglio e della sala parto permettono alla donna di mettere in atto le competenze acquisite.
È interessante l’evoluzione della terminologia: dai corsi di psicoprofilassi ostetrica, ai corsi di preparazione al parto, quindi ai corsi di preparazione alla nascita, oggi ai corsi di accompagnamento alla nascita e infine si arriverà agli incontri di accompagnamento alla nascita che si sviluppano lungo tutto l’arco della gravidanza e successivamente dopo il parto, anche per consolidare la forte alleanza per il sostegno dell’allattamento al seno; l’evoluzione della terminologia testimonia un passaggio sempre più marcato da modelli direttivi a modelli di grande partecipazione e coinvolgimento su tutti gli aspetti, da quelli fisici a quelli psico-relazionali e sociali, che l’evento della nascita mette profondamente in gioco, con la sempre maggiore attenzione al coinvolgimento del partner.
Nelle indagini dell’ISS già citate i corsi di accompagnamento alla nascita risultano sistematicamente associati, soprattutto quelli organizzati dai consultori familiari, a una minore esposizione alle procedure e pratiche non appropriate e a migliori esiti immediati e a distanza, in primis la maggiore persistenza dell’allattamento al seno.
Si è detto della promozione della salute: i corsi di accompagnamento alla nascita, soprattutto se estesi al puerperio sono momenti centrali del processo di empowerment, e la loro efficacia è tanto maggiore quanto minore è l’approccio direttivo che spesso si esprime in “lezioni” frontali. La qualità percepita dell’informazione ricevuta e delle attività svolte nei corsi è nettamente maggiore rispetto a chi ha assistito la gravidanza.
L’evoluzione della terminologia da una parte ha tenuto conto dell’ampiezza e della complessità dell’evento nascita, dall’altra della necessità di un approccio non direttivo ma partecipato, come il modello della promozione della salute, secondo la Carta di Ottawa, impone.
Ma quali donne partecipano ai corsi? Qui si pone la grande sfida della sanità pubblica. Ai corsi partecipano di più le donne più istruite e le donne occupate (il lavoro favorisce livelli di socializzazione e senso di autonomia), a testimonianza di una carente offerta attiva. Certo, se mancano i servizi come i consultori familiari sul territorio e con le competenze professionali previste, in primis le ostetriche, non si può offrire alcunché, per questo non meraviglia che nel Sud siano poche le donne che hanno questa opportunità. Peraltro va detto che mentre al Centro Nord anche gli ospedali sede di reparti ostetrici organizzano corsi (anche se mediamente meno efficaci, forse per eccesso di direttività e di riduzionismo biologico, come sembrano far pensare i risultati delle indagini dell’ISS?), quasi il 50% di tutti i corsi, al Sud solo i consultori familiari, quando esistono e con le professionalità adeguate, offrono questa opportunità, mentre gli ospedali svolgono un ruolo assolutamente marginale, d’altronde coerentemente con gli eccessi di TC che vi occorrono.
Sono prevalentemente le primipare che partecipano ai corsi, probabilmente per una esigenza di priorità, vista la scarsità delle risorse, ma sempre le indagini dell’ISS testimoniano che la partecipazione a corsi nella gravidanza precedente mantiene il suo valore di empowerment (e sarebbe strano che così non fosse, se l’approccio è corretto).
Meriterebbe una riflessione a parte la estrema varietà di modelli di corsi sia per estensione temporale, sia per le modalità di svolgimento, per gli argomenti trattati e per le professionalità coinvolte (per esempio, desta sorpresa la scarsa attenzione dedicata alla sessualità, soprattutto la ripresa dei rapporti sessuali e la procreazione responsabile, quando dalla seconda metà degli anni ottanta l’ISS e le relazioni che i ministri della sanità/salute presentano al parlamento sulla applicazione della legge 194/78 raccomandano questo tema per perseguire l’obiettivo della riduzione del ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza). Inoltre, la valutazione dell’efficacia effettuata da parte di chi organizza i corsi si limita prevalentemente alla rilevazione del grado di soddisfazione delle partecipanti, certamente necessaria ma totalmente insufficiente.
Sarebbe auspicabile un processo di riflessione che coinvolga tutte le esperienze più significative per una elaborazione degli obiettivi minimi che comunque debbono essere raggiunti nella popolazione di riferimento e del sistema e degli indicatori corrispondenti, con il corredo degli indicatori di risultato e di processo, compreso quelli dei tassi di partecipazione specifici per stratificazione sociale. Tale riflessione dovrebbe fornire contributi sui meccanismi possibili di offerta attiva, per ridurre gli attuali processi di autoselezione. Si avrebbe come conseguenza la necessità di delineare il set minimo di temi da prendere in considerazione e indicazioni generali sullo svolgimento temporale dei corsi, comprendendo anche il puerperio. Tra gli indicatori più importanti non vi è dubbio debba essere considerata la prevalenza di allattamento esclusivo al seno al rientro a casa e a tre e a sei mesi di vita, oltre alla prevalenza di allattamento comunque al seno all’anno di vita.
L’accentuazione dell’allattamento al seno non sta soltanto per gli innumerevoli benefici per la mamma e per la persona nata, quanto perché, stante il desiderio delle mamme di allattare al seno (così si esprime il 95% delle donne al parto), la possibilità di realizzare tale desiderio è la migliore dimostrazione sintetica di un efficace processo di empowerment che si esprime nella riconquista di consapevolezza e competenza.
Sarebbe altresì auspicabile una sperimentazione sul campo dei modelli di offerta attiva e di valutazione su sufficiente larga scala per poter riflettere, sulla base dei risultati, sulle modalità di svolgimento dei corsi al fine di formulare linee di indirizzo condivise.
Il reparto salute della donna e dell’età evolutiva del Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute dell’ISS si candida a coordinare questo processo e la sperimentazione, nel caso riceva finanziamenti sufficienti allo scopo.
Perché fare tutto ciò? Perché è prescritto dal Progetto Obiettivo Materno Infantile (POMI; 2000) e dai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA; 2002) che integralmente lo incorpora. Il richiamo nel POMI e nei LEA alla legge 34/96 che stabilisce l’esistenza di un consultorio ogni 20000 abitanti in media, fa riferimento alla necessità che le risorse siano adeguate (il POMI indica anche l’organico raccomandato per i consultori familiari) perché possano essere realizzati i progetti strategici, uno dei quali riguarda proprio la nascita, nei quali l’offerta attiva a tutta la popolazione interessata è l’aspetto centrale. Sono chiaramente descritti obiettivi, indicatori, azioni e servizi dedicati. Le indagini dell’ISS mostrano che le attività previste per la nascita nel POMI risultano associate a migliori risultati e migliori esiti, in particolare per la promozione dell’allattamento al seno. La realizzazione del POMI dovrebbe essere una obbligazione visto che il POMI e i LEA sono norme vigenti e chi ha responsabilità di governo, di amministrazione e di direzione di servizi dovrebbero applicarle e risponderne dei risultati. Altrimenti non è chiaro cosa si intende per Stato di diritto e chi risponde di cosa dell’impiego delle risorse pubbliche, che derivano dalle tasse delle cittadine e dei cittadini che a loro volta si aspettano un ritorno in termini di qualità percepita e misurabile quantitativamente, perché possano giudicare chi amministra la cosa pubblica e chi governa.
Il POMI, come si è detto, rappresenta il termine di riferimento normativo sia riguardo gli obiettivi che devono essere perseguiti, dalla offerta attiva dei corsi di accompagnamento alla nascita alla demedicalizzazione dell’intero percorso, dalla offerta attiva dell’assistenza in puerperio al sostegno dell’allattamento al seno. Delinea le azioni raccomandate, i risultati da ottenere e gli obiettivi da raggiungere, con il corredo dei corrispondenti indicatori. Inoltre, sceglie una opzione strategica sul ruolo centrale dei consultori familiari, per i quali indica la necessità e la modalità del loro potenziamento e riqualificazione per svolgere le attività raccomandate.
Il percorso della nascita quindi si presta molto bene per valutare se i servizi socio-sanitari operano secondo lo spirito di aumentare le competenze delle persone oppure se agiscono inducendo senso di incompetenza. Un sistema di rilevazione sistematica della nascita con recupero dell’informazione attraverso un’intervista alla mamma sui servizi con cui ha interagito e le esposizioni (indagini, patologie insorte o preesistenti, corsi frequentati e tipo di assistenza) durante la gravidanza, e di nuovo intervista sulle modalità del travaglio parto, anche con l’ausilio della cartella ostetrica e sugli esiti del parto sia riguardo la sua salute sia riguardo la salute del nato/a e sulla modalità di avviamento dell’allattamento al seno permette di formulare ipotesi esplorative sui fattori di rischio di esposizione alle pratiche inutili, e sui fattori favorenti l’esposizione a quelle raccomandate, sulla loro influenza su alcuni esiti, il più importante dei quali è l’allattamento al seno.
Ogni attività umana viene intrapresa per un qualche obiettivo il cui raggiungimento viene sempre verificato, considerando l’insuccesso elemento di riflessione e stimolo per tentare strade alternative. Un esempio stimolante e molto istruttivo viene dall’esperienza quotidiana delle donne quando si occupano dell’alimentazione dei propri cari (che non chiamano clienti, utenti, consumatori e, tanto meno, pazienti). Si preoccupano di chiedere se quanto preparato abbia saziato e sia piaciuto e si preoccupano di verificare sul medio periodo se il regime alimentare faccia persistere in buono stato di salute, il tutto in condizioni, per la maggior parte delle famiglie, di scarsità di risorse. E quando emergono elementi di insoddisfazione da parte dei propri cari, si danno da fare, intanto confrontando le esperienze tra pari o traendo spunti da riviste o ricettari, per migliorare la qualità. Cioè a dire: non è tanto importante mettere qualcosa a tavola, quanto che sia assicurata la qualità, in termini di sazietà, nutrizione e piacere. La meravigliosa e ricchissima cucina mediterranea nasce proprio dall’applicazione, con il meccanismo descritto, dalla scienza delle donne che si arricchisce costantemente attraverso il meccanismo del “trial and error”, che è, per l’appunto, l’approccio scientifico. Basterebbe seguire questo modello dell’organizzazione delle attività (che riguarda anche l’igiene e il decoro della casa) in cui si lavora per obiettivi, si è sempre alla ricerca di migliorare la qualità percepita e reale con grande attenzione al parere dei propri cari, per identificare errori e apportare con intelligenza creativa innovazioni, basterebbe seguire questo modello nell’organizzazione e gestione dei servizi sanitari, finanziati (compresi gli stipendi) dalle tasse e dai contributi sanitari (oltre che dagli ignobili ticket, come se fossero i cittadini a decidere delle diagnosi e delle terapie), avendo cura di assicurare qualità, verificata con opportuni indicatori, e non di assicurare semplicemente prestazioni.
La prima questione della valutazione riguarda l’equità nel godimento dei diritti di salute. Le indagini condotte in Italia mostrano che le donne più istruite e le donne occupate frequentano di più i CAN rispetto alle donne meno istruite e alle casalinghe. Si è in presenza di un chiaro esempio di carenza di offerta attiva. Un primo indicatore è la frequenza di partecipazione ai CAN, specifica per livello di istruzione e per stato occupazionale, tra le donne che partoriscono residenti nel territorio di riferimento dei servizi in cui si organizzano i corsi stessi. È da tener presente che non si tratta solo di una questione, peraltro centrale, di equità, perché in caso di autoselezione non si può escludere che nella valutazione di efficacia il fattore di selezione sia il vero determinante degli esiti positivi , piuttosto che il corso stesso.
Si pone quindi i problema delle modalità dell’offerta attiva.
In primo luogo si tratta di identificare le occasioni utili per intercettare le donne in gravidanza, all’inizio della stessa, oppure intercettarle prima della gravidanza.
• Donne che si sposano (pubblicazioni in comune), donne che frequentano corsi prematrimoniali;
• donne che partoriscono, soprattutto in caso di primo figlio (centro nascita);
• donne (in età feconda con desiderio di avere figli) che effettuano il pap test per screening;
• donne (in età feconda con desiderio di figli) assistite da medici di medicina generale;
• donne (in età feconda con desiderio di figli) assistite da ginecologi, ostetriche;
• donne che si rivolgono in farmacia per acquistare un test di gravidanza;
• donne che contattano uffici della ASL per l’esenzione dal ticket o per ritirare il libretto di gravidanza;
In questi casi va richiesta la collaborazione attiva a proporre la possibilità e, in caso di adesione, recuperare un recapito telefonico per l’invito a partecipare ai corsi. Perché funzioni è assolutamente necessario che i corsi inizino, non oltre il terzo mese di gravidanza, con i primi incontri dedicati alle raccomandazioni.
È importante definire una politica di priorità , che privilegi le donne al primo figlio, ma non trascurando altre donne con necessità di sostegno.
Un primo indicatore è costituito dalla percentuale di partorienti, residenti nel bacino di riferimento del servizio che organizza il corso, che hanno frequentato un corso di accompagnamento alla nascita, specifico per parità e per livello di istruzione.
Se il corso viene gradito è più probabile che la frequenza agli incontri risulti elevata e la percentuale di donne iscritte che abbandonano dopo i primi incontri e quella delle donne che hanno partecipato a più del 70% degli incontri, sempre specifici per livello di istruzione, sono altri due indicatori utilizzabili.
La percentuale di donne che sono accompagnate dal partner, sopreatutto negli incontri in cui è particolarmente raccomandata la loro presenza, è un altro indicatore.
La percentuale di donne partecipanti al corso che esprimono gradimento complessivo al corso stesso, da apprezzare con un questionario di gradimento (dovrebbe essere superiore all’80%) è un indicatore importante di risultato che sarebbe opportuno arricchire con un questionario di valutazione (pre-post test) di modificazione di conoscenze e attitudini e comportamenti, con cui valutare l’efficacia della comunicazione.
Poiché è essenziale che il CAN preveda almeno un incontro dopo la nascita al fine di consolidare l’alleanza per l’assistenza in puerperio e per il sostegno dell’allattamento al seno, la percentuale delle partecipanti che frequenta l’incontro dopo il parto è un altro indicatore prezioso per apprezzare il gradimento.
Se il corso ha prodotto crescita di consapevolezza e di competenze, indicatori di risultato importanti saranno costituiti dalle percentuali di donne partecipanti con non più di 3 ecografie in caso di gravidanza a basso rischio, con parto con TC e, tra quelle che hanno partorito spontaneamente, con episiotomia e con richiesta di epidurale. Sempre al parto è importante apprezzare la percentuale delle donne che hanno potuto avere il contatto pelle-pelle immediatamente e hanno potuto attaccare al seno entro due ore dal parto. La percentuale di donne allattanti al seno in modo esclusivo alla dimissione e al rientro a casa costituiscono gli indicatori più importanti di esito. Tutti gli indicatori citati di risultato e di esito, soprattutto per quanto attiene all’aderenza alle procedure raccomandate e alla non esposizione a quelle non raccomandate vanno confrontati con campioni adeguati di donne che non hanno partecipato ai CAN.
Come si è detto, la promozione della salute se ben condotta con una strategia scientifica, produce riduzione di incidenza o di prevalenza di eventi o condizioni negativi o aumento di prevalenza di condizioni positive (per es. allattamento al seno). Un altro effetto di un buon programma è l’aumento della capacità delle persone coinvolte di cercare salute (effetto di empowerment) per questioni attinenti la nascita o per altre questioni; un ulteriore effetto è una aumentata capacità delle persone coinvolte efficacemente nel programma di farsi parte dirigente con altre persone non coinvolte (comunicazione-educazione tra pari). Nel caso della nascita, le donne partecipanti ai CAN si trovano a condividere nel centro nascita l’esperienza con altre donne e potrebbero sostenerle e sollecitarle ad accogliere (garantendo la qualità, a partire dall’accoglienza) l’invito per una visita (a domicilio o in consultorio) durante il primo mese di puerperio. Da ciò si può costruire un altro indicatore di risultato molto prezioso.
I servizi territoriali debbono assicurare almeno una visita in puerperio (più visite se con la donna si condivide una maggiore necessità di sostegno) al fine di rafforzare l’alleanza, per cui in caso di bisogno ci sia disposizione a rivolgersi al consultorio. Ma è anche necessario promuovere, sostenendone le iniziative al riguardo, la formazione di gruppi spontanei ed auto-organizzati per lo scambio di esperienze e sostegno reciproco e per la conquista di visibilità pubblica (dai luoghi per l’allattamento al seno e al cambio dei pannolini, alla formulazione di proposte di miglioramento dei servizi da avanzare alle autorità comunali e a quelle socio-sanitarie). Si verrà a creare anche l’opportunità di rompere condizioni di isolamento percepito. Tali gruppi possono anche offrire opportunità di sostegno ad altre donne che lo richiedessero, direttamente o per il tramite dei consultori. La realizzazione di tali esperienze e il numero di persone/famiglie coinvolte costituisce un indicatore importante della qualità dei corsi.
Indicatori importanti per valutare esiti a distanza sono in primo luogo l’allattamento al seno in modo esclusivo a tre mesi e a sei mesi e l’allattamento al seno comunque a 12 mesi, da apprezzare con interviste telefoniche o con visite domiciliari, anche su base campionaria, se consentito dalle donne (la percentuale di consensi è un altro indicatore di accreditamento).
Sono stati presentati esempi di indicatori e altri se ne potrebbero identificare tenendo conto delle peculiarità del corso che si organizza o di particolari interessi da valutare. È comunque sempre opportuno identificare l’indicatore esplicitando sempre la definizione del numeratore e quella del denominatore e la modalità di rilevazione dell’informazione per costruire l’indicatore.
Riguardo la progettazione operativa, è necessario formulare, alla luce della popolazione di riferimento del territorio di competenza, quanti corsi fare in relazione a quante donne coinvolgere in ogni corso, quale successione temporale, con quali orari e con quale durata per ogni incontro, quale impegno di quali figure professionali con quali modalità di interazione secondo la logica dell’equipe, come svolgere e condurre gli incontri, quali argomenti principali far emergere nel processo maieutico su cui sviluppare la presa di coscienza, e la competenza.
Sulla base di tali elementi si può formulare una ipotesi di carichi di lavoro e delle risorse necessarie. I corsi si sviluppano con la disponibilità di strutture e infrastrutture e strumenti didattici che vanno acquisiti. Il servizio consultoriale è impegnato anche in altri progetti strategici e satellite, oltre che nell’accoglienza e presa in carico della richiesta spontanea e, soprattutto, dalla richiesta attivata nell’azione di promozione della salute (bisogni di salute insoddisfatti e condizioni di disagio che hanno finalmente trovato l’ambiente adatto per essere espressi). La stima dei carichi di lavoro permette di valutare la fattibilità del programma e la eventuale necessità di risorse aggiuntive se ne è data la possibilità.
Per avere un’idea di prima approssimazione dei carichi di lavoro per figura professionale, in relazione alla realizzazione del progetto percorso nascita, avendo trascurato l’offerta attiva di counselling prematrimoniale e di counselling alle donne che entrano in gravidanza (per tali attività si applica una analoga procedura), si riporta un calcolo orientativo nell’ipotesi di un consultorio che opera in un bacino territoriale di 20000 abitanti e formulando una ipotesi di impegno delle figure professionali previste dal POMI:
Numerosità delle popolazioni bersaglio in una comunità di 20000 abitanti (ordine di grandezza)
Donne in età feconda (15-49 anni, 25% pop.tot.) 5000
Matrimoni /anno (0.48% pop.tot.) 90-100
Nascite (1% pop.tot.)/anno 200 (di cui 100 prime nascite)
Adolescenti in una fascia di età annuale (1% pop.tot,) 200
Donne di età 25-64 anni (30% pop.tot.) 6000
Percorso nascita
200 nascite attese per anno, 100 da primipare
Gravidanza - offerta attiva di corsi di accompagnamento alla nascita, Obiettivo: 80% delle primipare
80 donne, 6 corsi di 20 ore(h) ciascuno più 20%: 144h/anno
Ostetrica Ginecologo/a Ass. soc. Psicologo/a Pediatra Ass. san.
%* 75 35 20 30 30 20
Ore 108 50 28.8 43.2 43.2 28.8
* percentuale del tempo totale in cui si presume coinvolta/o la/o specifica/o operatrice/tore
Puerperio - Visite in puerperio, obiettivo 80% di tutte le donne che partoriscono in un anno
160 puerpere, 50% in Consultorio , 50% a domicilio.
1) in consultorio: 80 visite, 1h ciascuna per un totale di 80h,
per il 50% ,40, si ipotizza la necessità di una seconda visita, per un totale di 40h
per il 25% delle seconde visite, 10, si ipotizza una terza visita, per un totale di 10h
subtotale1: 130h/anno
2) a domicilio: 80 visite di 2h ciascuna per un totale di 160h
anche in questo caso si ipotizzano, con analoghe percentuali seconde e terze visite per un totale di 80h e 20h, rispettivamente
subtotale2: 260h/anno
Totale: 390h/anno, più il 20%: 470h/anno
Ostetrica Ginecologo/a Ass. soc. Psicologo/a Pediatra Ass. san.
% 80 30 60 30 20 80
Ore 376 141 282 141 94 376
Sommando:
Progetto Ostetrica Ginecologo/a Ass. soc. Psicologo/a Pediatra Ass. san.
Pernasc1 108 50 29 43 43 29
Pernasc2 376 141 282 141 94 376
Ore/anno 484 291 311 184 137 405
Ore/sett.* 12.1 7.3 7.8 4.6 3.4 10.1
*considerando 40 settimane effettivamente disponibili
Si tratta di organizzare i corsi che è raccomandabile inizino almeno dal quarto mese di gravidanza e, quindi, è necessario che si svolgano in parallelo con adeguata sfasatura, con impegno in giorni fissi della settimana lavorativa, allo scopo di verificare non solo quanto tempo di lavoro viene assorbito ma anche come è articolato nel corso della settimana, allo scopo di assicurare la svolgibilità delle altre attività. Di seguito viene riportato un esempio di valutazione di carichi di lavoro per corsi/incontri di accompagnamento alla nascita nel distretto delle Eolie:
Ipotesi di carichi di lavoro per assistenza al percorso nascita nel Distretto delle Eolie.
Anno 2003
Comune Popolazione totale Donne 15-49 anni Nati 3003
Lipari
Lipari
Vulcano
Stromboli
Alicudi
Panarea
Filicudi 10554 2694 100
89
3
2
1
2
3
Malfa 852 222 9
S. Marina 809 212 8
Leni 645 149 7
Totale 12860 3277 124
Tenendo conto della ripartizione della popolazione e, conseguentemente delle nascite, è possibile organizzare incontri (corsi) di accompagnamento alla nascita solo nell’isola di Lipari, con una possibile affluenza solo delle residenti nell’isola. Un mese sì e un mese no inizia il ciclo di incontri con arruolamento delle gravidanze tra il 3° e il 4° mese, ogni ciclo inizia con i primi due incontri nei primi due mesi, uno al mese e i successivi 6 incontri nei successivi 3 mesi, due al mese; dopo il parto è previsto un incontro assieme alle frequentanti il corso successivo in occasione del loro penultimo (settimo) incontro. Ogni incontro può essere della durata di 2 ore, auspicabilmente il pomeriggio. Nei primi due mesi gli incontri potrebbero essere previsti per i primi mercoledì e nei successivi tre mesi il 2° e il 4° giovedì di ogni mese.
Il 2° corso inizia il 3° mese e per i primi due mesi gli incontri saranno tenuti sempre il 1° mercoledì mentre gli altri incontri, due al mese per i tre mesi successivi, saranno sempre il 1° e il 3° giovedì di ogni mese. Il 3° corso si sviluppa come il 1° corso (1° mercoledì per i primi 2 mesi e 2° e 4° giovedì per i tre mesi successivi).
In condizioni di regime il consultorio familiare sarà impegnato:
Gennaio- 1° settimana: Merc (1° incontro 1° Corso), Giov (3° incontro 6° corso)
2° settimana: Giov (7° incontro 5° corso)
3° settimana: Giov (4° incontro 6° corso)
4° settimana: Giov (8° incontro 5° corso)
Febbraio- 1° settimana: Merc (2° incontro 1° corso), Giov (5° incontro 6° corso)
2° settimana: nessun incontro
3° settimana: Giov (6° incontro 6° corso)
4° settimana: nessun incontro
Marzo- 1° settimana: Merc (1° incontro 2° corso), Giov (7° incontro 6° corso)
2° settimana: Giov (3° incontro 1° corso)
3° settimana: Giov (8° incontro 6° corso)
4° settimana: Giov (4° incontro 1° corso)
Aprile- 1° settimana: Merc (2° incontro 2° corso)
2° settimana : Giov (5° incontro 1° corso)
3° settimana: nessun incontro
4° settimana: Giov (6° incontro 1° corso)
Maggio – 1° settimana: Merc (1° incontro 3° corso), Giovedì (3° incontro 2° corso)
2° settimana: Giov (7° incontro 1° corso)
3° settimana: Giov (4° incontro 2 corso)
4° settimana: Giov (8° incontro 1° corso)
Giugno – 1° settimana: Merc (2° incontro 3° corso), Giov (5° incontro 2° corso)
2° settimana: nessun incontro
3° settimana: Giov (6° incontro 2° corso)
4° settimana: nessun incontro
Luglio - 1° settimana: Merc (1° incontro 4° corso), Giov (7° incontro 2° corso)
2° settimana: Giov (3° incontro 3° corso)
3° settimana: Giov (8° incontro 2° corso)
4° settimana: Giov (4° incontro 3° corso)
Agosto - 1° settimana: Merc (2° incontro 4° corso)
2° settimana: Giov (5° incontro 3° corso)
3° settimana: nessun incontro
4° settimana: Giov (6° incontro 3° corso)
Settembre: 1° settimana: Merc (1° incontro 5° corso), Giov (3° incontro 4° corso)
2° settimana: Giov (7° incontro 3° corso)
3° settimana: Giov (4° incontro 4° corso)
4° settimana: Giov (8° incontro 3° corso)
Ottobre: 1° settimana: Merc (2° incontro 5° corso), Giov (5° incontro 4° corso)
2° settimana: nessun incontro
3° settimana: Giov (6° incontro 4° corso)
4° settimana: nessun incontro
Novembre: 1° settimana: Merc (1° incontro 6° corso), Giov (7° incontro 4° corso)
2° settimana: Giov (3° incontro 5° corso)
3° settimana: Giov (8° incontro 4° corso)
4° settimana: Giov (4° incontro 5° corso)
Dicembre - 1° settimana: Merc (2° incontro 6° corso)
2° settimana: Giov (5° incontro 5° corso)
3° settimana: nessun incontro
4° settimana: Giov (6° incontro 5° corso)
Risultano impegnate 39 settimane di cui 9 prime settimane di mese con un incontro sia il mercoledì che il giovedì e tre prime settimane con un solo incontro il mercoledì. Nelle rimanenti 27 settimane è previsto un solo incontro il giovedì. Poiché è previsto che un singolo incontro duri 2 ore si ha:
9 settimane con 4h/settimana = 36h
3 settimane + 27 settimane con 2h/settimana = 60 h
Totale generale = 96h/anno
Se nascono a Lipari circa 8 bambini al mese e si ipotizza una adesione di circa il 50-60% (prevalentemente primipare) a ogni corso dovrebbero partecipare circa 10 donne.
Nel centro nascita di Lipari dove dovrebbero aversi non più di 2 nascite a settimana, sono sufficienti 2 ore a settimana per un colloquio con le partorienti.
Totale visite al centro nascita: 50 visite per un totale di 100h/anno.
Nel puerperio sarebbe auspicabile offrire (offerta anticipata durante le visite in reparto e, per quelle frequentanti gli incontri di preparazione alla nascita all’ultimo incontro, assieme all’invito di fare un incontro collettivo entro il mese dalla nascita con le donne frequentanti il corso successivo al penultimo incontro [7° Giovedì]) incontri a domicilio (2h/incontro) entro il 1° mese dalla nascita e un incontro in consultorio (1h/incontro) attorno al 3° mese. Sarebbe importante avere come obiettivo coinvolgere in queste visite individuali almeno l’80% delle nascite, cioè circa 160 incontri, 80 in consultorio per un totale di 80 ore/anno, e 80 a domicilio per un totale di 160 ore/anno, per un totale 2hx80 + 1hx80 =240 h/anno, che se contato su 40 settimane dovrebbe comportare 6h/settimana (si potrebbe risparmiare risorse rinunciando agli incontri in consultorio individuali per le partecipanti agli incontri di accompagnamento alla nascita, visto che una volta partorito hanno un incontro collettivo con le gravide del corso successivo al loro penultimo incontro).
Da analizzare dove vengono effettuate le vaccinazioni e il possibile utilizzo di questo importante momento.
Per le donne che non frequentano il corso di accompagnamento alla nascita si potrebbe offrire almeno 2 incontri (invitandole in consultorio e, in casi estremi con visita domiciliare) uno verso il 3°-4° mese e uno verso il 7°-8° mese della gravidanza, con l’offerta di counselling su procedure raccomandabili e allattamento al seno. Si tratta di non più di 40 donne/anno (immaginando un tasso di accettazione almeno dell’80%) con la previsione di 80 ore/anno, quindi 2 ore a settimana su 40 settimane.
Carichi di lavoro Lipari (dove nasce l’80% dei bambini del distretto)
Incontri accompagnamento alla nascita: Totale generale = 96h/anno
Incontri al centro nascita: Totale visite al centro nascita: 50 visite per un totale di 100h/anno
Incontri in puerperio: totale 2hx80 + 1hx80 =240 h/anno
Offerta incontri in gravidanza alle donne non frequentanti gli incontri: 80 ore/anno
Totale generale sull’anno: 96+100+240+80 = 516
Calcolando l’anno su 40 settimane si ha 516/40 = 12.9h/settimana
Salina circa 15 nati/anno e supponendo una accettazione di 12 si possono ipotizzare 2 incontri in gravidanza e 2 dopo il parto, andando a Salina una volta ogni 2 mesi in un punto di riferimento (Malfa?) e incontrare tutte le donne impegnate nel percorso nascita.
Per Salina si ha 6 giorni/anno
Per le altre isole si possono ipotizzare una visita ogni 4-6 mesi (3-2 visite/anno per un totale di 15-10gg/anno).
Ipotesi di argomenti per gli incontri:
Fisiologia della riproduzione e misure raccomandate in gravidanza
travaglio/parto
luogo del parto
alimentazione (rivisitazioni abitudini alimentari)
allattamento
contraccezione
cure del bambino (vaccinazioni, svezzamento ecc.)
norme tutela nascita
nella pagina successiva si riporta lo schema di svolgimento temporale delle attività.
Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto
1 set. 2 set. 3 set. 4 set. 1 set. 2 set. 3 set. 4 set. 1 set. 2 set. 3 set. 4 set. 1 set. 2 set. 3 set. 4 set. 1 set. 2 set. 3 set. 4 set. 1 set. 2 set. 3 set. 4 set. 1 set. 2 set. 3 set. 4 set. 1 set. 2 set. 3 set. 4 set.
MER MER GIO GIO GIO GIO GIO GIO Dopo
1° I 1°C 2° I 1°C 3° I 1°C 4° I 1°C 5° I 1°C 6° I 1°C 7° I 1°C 8° I 1°C parto
MER MER GIO GIO GIO GIO GIO GIO
1° I 2°C 2° I 2°C 3° I 2°C 4° I 2°C 5° I 2°C 6° I 2°C 7° I 2°C 8° I 2°C
MER MER GIO GIO GIO GIO
1° I 3°C 2° I 3°C 3° I 3°C 4° I 3°C 5° I 3°C 6° I 3°C
MER MER
1° I 4°C 2° I 4°C
Dopo
parto
GIO
7° I 5°C GIO Dopo
8° I 5°C parto
GIO GIO GIO GIO GIO GIO Dopo
3° I 6°C 4° I 6°C 5° I 6°C 6° I 6°C 7° I 6°C 8° I 6°C parto
Settembre Ottobre Novembre Dicembre
1 set. 2 set. 3 set. 4 set. 1 set. 2 set. 3 set. 4 set. 1 set. 2 set. 3 set. 4 set. 1 set. 2 set. 3 set. 4 set.
Dopo
parto
GIO GIO Dopo
7° I 3°C 8° I 3°C parto
GIO GIO GIO GIO GIO GIO
3° I 4°C 4° I 4°C 5° I 4°C 6° I 4°C 7° I 4°C 8° I 4°C
MER MER GIO GIO GIO GIO
1° I 5°C 2° I 5°C 3° I 5°C 4° I 5°C 5° I 5°C 6° I 5°C
MER MER
1° I 6°C 2° I 6°C
Riferimenti:
Baglio G, Spinelli A, Donati S, Grandolfo ME. Valutazione degli effetti dei corsi di preparazione alla nascita sulla salute della madre e del neonato. Annali Istituto Superiore di Sanità 2000; 36(4):465-478.
Donati S, Andreozzi S, Grandolfo ME. I punti nascita universitari italiani promuovono l'avvio dell'allattamento al seno? Annali Istituto Superiore di Sanità 2003; 39(2):243-250.
Grandolfo ME, Donati S, Giusti A. Indagine conoscitiva sul percorso nascita, 2002. Aspetti metodologici e risultati nazionali. Atti della 12a Commissione permanente del Senato (igiene e sanità): Fenomeni di denatalità, gravidanza, parto e puerperio in Italia. n. 15 marzo 2005. XIV legislatura.: Senato della Repubblica, 2005
Donati S, Grandolfo ME, Andreozzi S. Do Italian mothers prefer cesarean delivery? Birth - Issue in Perinatal Care 2003; 30(2):89-93.
Donati S, Grandolfo ME. Il sostegno alla ripresa della vita sessuale delle donne che partoriscono, un argomento orfano di interesse. Annali Istituto Superiore di Sanità 2003; 39(2):235-241.
Donati S, Spinelli A, Grandolfo ME, Baglio G, Andreozzi S, Pediconi M, Salinetti S. L'assistenza in gravidanza, al parto e durante il puerperio in Italia. Annali Istituto Superiore di Sanità 1999; 35(2):289-296.
Grandolfo ME, Spinelli A, Medda E, Donati S, Baglio G. Fumo in gravidanza. .. -Abstract p. 168. 2002. Atti XXVI Riunione annuale della Associazione Italiana di Epidemiologia. Stile di vita e frequenza delle malattie in Italia - Napoli 24-26 settembre.
Grandolfo ME, Donati S, Giusti A, Medda E. La nascita: una sfida per i sistemi socio-sanitari e per le professioni ostetriche. In: Giambanco V, editor. Epidemiologia e Sanità. Cento FE: Editeam, 2004: 27-37.
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