
ESTRATTO dal P.O.M.I.- D.M. del 24/4/2000, Gazzetta Ufficiale n.131 del 7 giugno 2000
11. SALUTE DELLA DONNA IN TUTTE LE FASI DELLA VITA
L’impegno alla difesa ed alla promozione della salute della donna deve tenere conto dell’adeguamento alla realtà socio sanitaria e culturale profondamente mutata negli ultimi tempi e deve portare ad una più diretta politica in favore della famiglia, anche in riferimento alla responsabilità di cura che la donna ha all’interno della stessa.
Per una organizzazione sanitaria che faccia fronte alla sfida della qualità e che coniughi efficacia ed efficienza ad equità, vanno considerati anche i fenomeni legati ai cambiamenti sociali.
L’incremento della presenza della donna in ambito produttivo non ha visto una contemporanea crescita di servizi tali da offrire un migliore supporto alla famiglia e ciò, insieme ad altri fattori, ha contribuito a determinare dei cambiamenti nelle scelte riproduttive.
I tassi di fecondità nel nostro Paese, pur con differenziazioni regionali sono oggi tra i più bassi d’Europa. La riduzione della natalità, sin dalla fine degli anni 70, interessa tutte le regioni italiane, determinando non solo la nota caduta dei relativi livelli, ma modificando anche le caratteristiche strutturali del comportamento riproduttivo, quali l’ordine e la cadenza delle nascite.
L’innalzamento dell’età media al parto sia per le prime nascite che per le successive, delinea soprattutto una tendenza a posticipare l’inizio della vita riproduttiva , con circa un quarto dei primi figli tra donne di età uguale o superiore a 30 anni.
La presenza della donna nella realtà produttiva comporta, nei confronti della sua salute, una maggiore esposizione ad eventuali fattori di rischio derivanti dagli ambienti di lavoro. Nell’ambito della promozione della tutela della salute della donna in ambiente lavorativo, l’organizzazione dipartimentale dell’area materno - infantile deve coordinarsi e collaborare strettamente con il D.P. nella realizzazione di programmi specifici, in particolare per quanto riguarda la salute riproduttiva. Inoltre, la consapevolezza dei rischi connessi all’attività lavorativa, domestica e non, deve essere patrimonio di tutte le U.O. dell’organizzazione dipartimentale e deve essere tenuto costantemente presente in ogni tipo di intervento che riguardi la donna.
Un elemento poi che non può essere trascurato è il fatto che l’aumento di speranza di vita della popolazione ha fatto si che il periodo post-fertile della vita femminile si sia allungato, dall’età media della menopausa alla aspettativa media di vita (82-83 anni), di circa trenta anni. Si calcola infatti che le donne di età superiore ai 50 anni siano oggi tra 9 e 10 milioni.
In questa età, per la chiara evidenza epidemiologica particolare interesse deve essere rivolto ad alcune patologie quali le malattie cardiovascolari, l’osteoporosi, ecc..
Tenuto conto, inoltre, che la cessazione dell’attività ovarica comporta effetti che, pur di minor rilievo in termine di salute fisica, possono compromettere sensibilmente la qualità della vita della donna, particolare interesse deve essere rivolto a situazioni quali l’incontinenza urinaria, le problematiche relazionali e quelle legate alla sessualità.
La promozione della salute, la prevenzione ed il trattamento delle principali patologie ginecologiche in tutte le fasi della vita devono essere garantiti attraverso una completa integrazione dei servizi dei diversi livelli operativi.
Ad ogni donna deve infatti essere assicurato, nell’ambito dell’organizzazione regionale delle cure, un idoneo percorso che le consenta di accedere con facilità al livello di cura più adeguato e completo al suo caso.
La promozione della salute, la prevenzione e la presa in carico devono essere assolti dal I livello, rappresentato dalla rete dei C.F.; l’attività di diagnosi e cura ambulatoriale dal II livello, livello rappresentato dagli ambulatori specialistici del Distretto e dell’Ospedale.L’attività di diagnosi e cura ospedaliera devono costituire il III livello. In esso devono essere affrontate la diagnostica specialistica di livello superiore ed il trattamento con adeguate risorse strumentali ed esperienza professionale in merito alla sterilità ed infertilità, alla patologia ginecologica benigna e maligna, ai problemi delle malattie a trasmissione sessuale, ai problemi connessi con l’età post-fertile ed alla menopausa, comprendendo in questo anche i problemi di ginecologia urologica.
La promozione della salute della donna, è oggetto di forte interesse da parte del presente Progetto il quale, anche secondo quanto previsto dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27.3.1997 sviluppa, tra l’altro, gli obiettivi relativi alla prevenzione e tutela della salute (obiettivi strategici C1-C5) indicati nella dichiarazione e nel programma d’azione della IV Conferenza mondiale sulle donne – Pechino 1995.
Sino ad ora la tutela della salute della donna è stata perseguita attraverso l’offerta di prestazioni, spesso integrata da interventi terapeutici, per lo più fruiti dalla popolazione femminile che spontaneamente accedeva al servizio e con forti limitazioni per quanto attiene alla tipologia dell’offerta stessa, almeno in parte dovute a difficoltà burocratiche, alla scarsa disponibilità di risorse e agli ostacoli nel realizzare il lavoro di équipe multidisciplinare.
Si vuole invece che l’offerta di interventi faccia parte di una ben definita strategia di prevenzione orientata da identificati obiettivi generali e specifici, nonché da un processo di promozione della salute che aiuti la persona ad arricchire le proprie competenze per effettuare scelte più consapevoli.
Tutto ciò deve prevedere una maggior attenzione rivolta a:
- Favorire l’offerta attiva delle misure preventive;
- Favorire la massima integrazione tra il Consultorio Familiare, i servizi (ambulatoriali, sociali, socioassistenziali) del Distretto e le strutture ospedaliere;
- Favorire il dialogo, il confronto e l’integrazione operativa tra i profili professionali tradizionalmente afferenti al Consultorio Familiare ed il personale di altri profili professionali che opera sul territorio, compreso quello coinvolto nella attività di diagnosi e cura primaria ;
- Maturare l’attitudine negli operatori alla valutazione quale strumento per la riqualificazione ;
- Riconsiderare l’offerta relativa ai problemi di salute della donna, salute vista nella sua globalità, in tutte le fasi della vita.
In un progetto più ampio di tutela della salute della donna va quindi prevista la riqualificazione del Consultorio Familiare, sia in termini organizzativi che operativi, che integri l’offerta consultoriale con quella delle altre strutture territoriali facenti capo all’organizzazione dipartimentale dell’area materno - infantile in modo tale che, distretto per distretto o ASL per ASL si persegua una maggiore efficacia ed efficienza, coniugata ad una maggiore equità, e si contraggano le attuali dispersioni di risorse finanziarie e umane, quali sono quelle che troppo spesso realizzano interventi parcellari e ripetitivi nella medesima popolazione che, per contro, vede insoddisfatti altri bisogni primari.
-12. CONSULTORI FAMILIARI
Il Consultorio familiare costituisce un importante strumento, all’interno del Distretto per attuare gli interventi previsti a tutela della salute della donna più globalmente intesa e considerata nell’arco dell’intera vita, nonché a tutela della salute dell’età evolutiva e dell’adolescenza, e delle relazioni di coppia e familiari.
Le attività consultoriali rivestono infatti un ruolo fondamentale nel territorio in quanto la pecularietà del lavoro di équipe rende le attività stesse uniche nella rete delle risorse sanitarie e socio-assistenziali esistenti.
Dalla emanazione della legge 405/75 e delle leggi attuative nazionali e regionali, le condizioni di regime dei Consultori per completezza della loro rete e stabilità del personale non sono ancora state raggiunte e, soprattutto al Sud, persistono zone con bassa copertura dei bisogni consultoriali.
L’esigenza di integrazione nel modello dipartimentale, e soprattutto la messa in rete dei Consultori Familiari con gli altri servizi sia sanitari che socio-assistenziali degli Enti Locali, impone un loro adeguamento nel numero, nelle modalità organizzative e nell’organico, privilegiando l’offerta attiva di interventi di promozione della salute attraverso la realizzazione di strategie operative finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di salute da perseguire nel settore materno infantile.
E’ necessario cioè attuare strategie preventive in cui siano chiaramente definiti: gli obiettivi (riduzione dell’incidenza o prevalenza degli eventi o delle condizioni che si vogliono prevenire), i sistemi e gli indicatori di valutazione (di processo e di esito), la popolazione bersaglio da coinvolgere (quella a rischio di produrre gli eventi e le condizioni), le modalità operative per il coinvolgimento della popolazione e per l’erogazione delle misure di prevenzione, la valutazione dei fattori di rischio della non rispondenza e dell’incidenza o prevalenza degli eventi o condizioni nella quota di popolazione non raggiunta.
L’adeguamento dell’attività consultoriale agli obiettivi individuati può essere realizzato, privilegiando l’offerta attiva, attraverso l’implementazione di programmi di promozione della salute, definiti secondo i criteri sopra esposti, le attività dedicate alla programmazione operativa ed alla valutazione, alla formazione ed aggiornamento, nonché gli interventi rivolti all’utenza spontanea ed alla presa in carico dei casi problematici identificati nell’attività svolta nei programmi di prevenzione.
Si tratta, cioè di ripensare le modalità operative con lo scopo di privilegiare gli interventi di prevenzione primaria e diagnosi precoce. L’attività di diagnosi e cura dovrebbe assumere una competenza di “prima istanza” riservata in particolare alla presa in carico (garantendo ove necessario percorsi preferenziali per l’accesso alle strutture dell’organizzazione dipartimentale) dei casi problematici identificati nell’attività svolta nei programmi di prevenzione o segnalati dalla pediatria di libera scelta (P.L.S.), dalla scuola, dai servizi sociali, ecc.
Poiché i fattori di rischio sono per lo più distribuiti in modo non uniforme sul territorio e poiché la popolazione a maggior rischio è generalmente quella più difficile da raggiungere, le attività di prevenzione e diagnosi precoce passano attraverso una offerta attiva modulata per superare le barriere della comunicazione, anche mirando a recuperare i non rispondenti.
Il consultorio si integra nella rete dei servizi territoriali a livello distrettuale e deve essere salvaguardato il lavoro di équipe, fondamentale per garantire globalità e unitarietà dell’approccio preventivo. L’organizzazione dipartimentale dell’area materno - infantile garantisce l’integrazione con gli altri servizi territoriali e con quelli ospedalieri e degli Enti Locali per permettere la continuità della presa in carico e per la realizzazione degli interventi di promozione della salute, di cui è responsabile per quanto attiene a programmazione, coordinamento generale e valutazione, in collaborazione con il D.P.
I C.F., coordinati tra loro e con gli altri servizi coinvolti, mettono a punto gli aspetti operativi e realizzano le strategie di intervento operativo.
L’azione del Consultorio Familiare deve poter contare su solide radici nel tessuto sociale e sanitario territoriale ed essere orientata dalle evidenze epidemiologiche della comunità in cui il Consultorio familiare opera.
In particolare tale connotazione richiede la capacità di interlocuzione con gruppi, associazioni, istituzioni educative a vario titolo presenti ed operanti nel territorio, nonché la capacità di stabilire rapporti permanenti tra i vari presidi e servizi, anche al fine di garantire percorsi di assistenza agevoli e completi, in special modo a chi si trova in condizioni di elevato rischio sociale o sociosanitario.
Inoltre deve privilegiare la globalità e la unitarietà delle risposte ai bisogni emergenti nei vari ambiti di azione ( tutela dell’età riproduttiva ed evolutiva, tutela della famiglia, delle fasce socialmente deboli, dell’handicap) e l’integrazione con le U.O. territoriali e le U.O. Ospedaliere afferenti al DP ed all’’organizzazione dipartimentale dell’area materno-infantile .
Va ribadito che per il raggiungimento degli obiettivi di globalità e unitarietà degli interventi deve essere sostenuta e sviluppata l’attività di integrazione dei servizi sociali nei comuni singoli e/o associati, anche tramite la stipula di convenzioni o di accordi di programma. Ciò anche nel rispetto delle diverse articolazioni con cui si possono definire i rapporti tra Aziende Sanitarie ed Enti Locali.
La valutazione dell’efficacia degli interventi, verificati attraverso indicatori specifici di progetto, deve rappresentare la base per l'aggiornamento culturale e professionale e per la riqualificazione operativa nonché lo strumento per confrontarsi con gli altri servizi.
Tale approccio, perseguito nel P.O., non può che determinare, attraverso l’integrazione sociosanitaria, una volta ridefiniti i livelli essenziali, uniformi ed appropriati di assistenza, una riallocazione delle risorse in base alle priorità individuate quali obiettivi di salute leggibili e attuabili anche nel processo di definizione del budget delle strutture operative da parte delle A.S.L. nel rispetto degli indirizzi organizzativi e dei criteri di finanziamento espressi dalle amministrazioni regionali.
La legge n. 34/96 prevede un consultorio familiare ogni 20.000 abitanti . E’ opportuno distinguere tra zone rurali e semiurbane .
Essendo il Distretto la sede di coordinamento delle azioni territoriali della ASL il Consultorio Familiare, nel rispetto delle prerogative sue proprie, istituzionali ed operative, si integra nell’organizzazione dipartimentale dell’area materno - infantile afferendo al Distretto, dove dovranno altresì raccordarsi le attività e gli operatori del settore socio-assistenziale
Per lo svolgimento delle sue funzioni il consultorio si avvale, di norma, delle seguenti figure professionali :
ginecologo, pediatra, psicologo, ostetrica, assistente sociale, assistente sanitario, infermiere pediatrico (vigilatrice di infanzia), infermiere (infermiere professionale), il cui intervento
integrato, proiettato nelle problematiche della prevenzione, ne definisce la fisionomia e specificità rispetto ai presidi di natura ambulatoriale e ospedaliera.
Devono essere previste, in qualità di consulenti, altre figure professionali quali il sociologo, il legale, il mediatore linguistico-culturale, il neuropsichiatra infantile, l’andrologo e il genetista presenti nella ASL a disposizione dei singoli consultori.
Attivita’ consultoriale
Il consultorio familiare mantiene la propria connotazione di servizio di base fortemente orientato alla prevenzione, informazione ed educazione sanitaria, riservando alla attività di diagnosi e cura una competenza di "prima istanza", integrata con l’attività esercitata al medesimo livello, sul territorio di appartenenza delle U.O. distrettuali ed ospedaliere e dei servizi degli Enti Locali.
Sul piano organizzativo, l’integrazione deve essere completamente attivata da una parte all'interno del consultorio familiare stesso, tra figure a competenza prevalentemente sanitaria e quelle a competenza psico – sociale e socio-assistenziale sviluppando il lavoro di équipe e dall’altra con gli altri servizi e U.O. territoriali (ginecologia ambulatoriale, pediatria di libera scelta, psicoterapia, neuropsichiatria infantile e dell'età evolutiva, ecc.) nonché con le U.O. ospedaliere.
La realizzazione di un proficuo e serio rapporto territorio/ospedale, che deve essere configurato nell’ambito dell’organizzazione dipartimentale dell’area materno - infantile deve basarsi sulla complementarità dei diversi servizi nel rispetto delle reciproche autonomie e specificità, da realizzare attraverso ben definiti progetti che vedano coinvolti diversi ambiti operativi e attraverso lo sviluppo di programmi di aggiornamento permanente, alla luce degli indicatori di esito e di processo.
E' necessario identificare un responsabile del consultorio ( o dei consultori, qualora siano più di uno nel territorio del dipartimento) che coordini l’attività del C. F. e monitorizzi il conseguimento degli obiettivi, fungendo da garante nei confronti dell’organizzazione dipartimentale.
L’ambito di competenza consultoriale può concretizzarsi in alcuni obiettivi di salute prioritari alla luce del Piano Sanitario Nazionale:
Spazio Adolescenti
Le attività di promozione della salute in età adolescenziale vanno svolte quanto più possibile negli ambiti collettivi (soprattutto nelle scuole). In tal modo i servizi si accreditano e divengono punti di riferimento per gli adolescenti. L’attività di promozione della salute offre l’opportunità di rendere visibili gli stati di disagio per i quali fornire aiuto, organizzando più diffusamente gli spazi adolescenziali nei C.F..
Il consultorio deve associare alla capacità di offerta attiva dei programmi di prevenzione una funzione di accoglienza e presa in carico per chi accede spontaneamente al servizio.
Molta attenzione deve essere riservata all’educazione alla salute e all’analisi delle condizioni socio-familiari o ambientali predisponenti alla devianza o al disagio. Sono da definire programmi di interventi sociosanitari concordati con altre Istituzioni: Pubblica Istruzione, Giustizia, ecc.
Azioni
- Coordinare con gli organi scolastici l’offerta attiva di corsi di informazione ed educazione alla salute nelle scuole (sulla fisiopatologia della riproduzione, alimentazione, educazione alla affettività, prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse, ecc.).
- Promuovere un’offerta attiva dello spazio giovani nel consultorio per dare la possibilità di
approfondimento a livello individuale e/o per piccoli gruppi agli stessi studenti coinvolti nei corsi di educazione alla salute effettuati presso le scuole. Lo spazio giovani rappresenta anche una grande opportunità per tutti gli adolescenti e l'informazione di questa disponibilità potrebbe essere data contattando i luoghi di aggregazione giovanile e offrendo un accesso a tale spazio in orari graditi all’utenza.
- Predisporre incontri con genitori degli alunni delle scuole elementari e medie, sulle problematiche della sessualità in età adolescenziale e più in generale, incontri di formazione-informazione finalizzati a rendere gli adulti più consapevoli ed informati delle problematiche proprie dell’adolescenza, mettendoli in grado di porsi in una posizione di ascolto attivo che favorisca la comunicazione adolescente-adulto.
Relazioni di coppia, di famiglia e disagio familiare
Questo ambito operativo ha acquisito col passare degli anni una importanza rilevante tra le azioni del Consultorio Familiare, in particolare per tutto ciò che attiene la consulenza relazionale, le consulenze riguardanti problemi e difficoltà in ordine alla sessualità, alle scelte e alle decisioni procreative, all'esercizio di ruoli genitoriali. Interventi in ordine a conflitti di coppia ed intergenerazionali nonché a situazioni di disagio familiare con particolare attenzione ai nuovi assetti della famiglia (unioni di fatto, famiglie con un solo genitore, famiglie ricostituite, famiglie miste quanto a provenienza etnica, ecc.), rappresentano un’area di interesse in forte espansione in rapporto a crescenti domande.
Particolare attenzione deve essere rivolta ai problemi dei figli di genitori separati e alla donna in corso di separazione.
Un particolare ambito di attività, da svolgere in raccordo con i servizi socio-assistenziali e con le autorità giudiziarie competenti, riguarda tra l’altro i casi di abuso, maltrattamento, incuria, ecc. nonché l'affido familiare, l'adozione, il matrimonio fra minori, il sostengo a gravidanze e maternità a rischio sociale, la problematica attinente la separazione/divorzio (in particolare i conflitti riguardanti l'affido dei figli).
Deve essere inoltre prevista l'assistenza psicologica in ordine a problemi sessuali connessi ad episodi di abuso e/o violenza sessuale. In particolare, su questi casi deve attivarsi l'intera équipe operativa in quanto la complessità dei problemi richiede interventi specifici, ma strettamente integrati, di natura sanitaria, psicologica, sociale e giudiziaria come da indicazioni contenute nel già citato Documento “Proposte di intervento per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del maltrattamento”.
La terapia delle patologie sessuali è da prevedere a livello sovra distrettuale (o comunque secondo un dimensionamento che garantisca l'uso razionale delle risorse professionali) ove presenti competenze in sessuologia (II livello) e/o centri multidisciplinari (III livello).
Azioni
- Attivare progetti di ricerca attiva e valutazione dei casi di grave ritardo o evasione vaccinale (su segnalazione dei servizi vaccinali) e dei casi di grave basso profitto o abbandono scolastico (su segnalazione delle scuole).
- Garantire un collegamento con i pronto soccorsi per offrire consulenza ed eventualmente aiuto in caso di lesività domestica (con particolare riferimento a quelle riguardanti i bambini e le donne) la cui causa o le cui modalità richiedono approfondimento sulle condizioni dell'ambiente familiare.
- Monitorare il disagio giovanile con particolare correlazione all’assetto della famiglia, al rapporto con la scuola, ecc.
- Offrire supporti al singolo e alla famiglia per superare le difficoltà relazionali.
- Garantire il supporto psicologico e sociale al singolo e alla famiglia nelle diverse crisi.
- Garantire il collegamento con l’autorità giudiziaria per le situazioni più a rischio.
Controllo della fertilità e procreazione responsabile
Deve essere potenziata l’offerta attiva di consulenza tendente all’espressione di una sessualità rispondente ai bisogni del singolo ed una maternità e paternità responsabili.
Compito del Consultorio Familiare è quello di aiutare le donne e le coppie a scegliere tra le varie possibilità ciò che più si adatta ai propri valori culturali ed etici ed ai propri bisogni e stili di vita, tenendo conto della fase del ciclo della vita riproduttiva.
In tema di sterilità e infertilità di coppia il ruolo del Consultorio Familiare consiste in un primo approccio con la coppia, nell’esclusione di una grossolana patologia a carico dell’apparato genitale e nella consulenza inerente la fisiologia riproduttiva, l’adeguatezza nella frequenza dei rapporti, ecc., e quindi indirizzare alle strutture idonee per il successivo iter diagnostico e terapeutico.
Azioni
- Garantire l’offerta attiva a tutte le coppie di un colloquio prematrimoniale sulla fisiologia della riproduzione, sulla procreazione responsabile, sulla salute riproduttiva, sulla responsabilità genitoriale, sulle dinamiche relazionali, sull’accertamento di condizioni di rischio per consulenza genetica e indirizzo al servizio specifico, sulla prevenzione immunitaria (rubeo test, vaccinazione contro la rosolia) e non immunitaria (rischio di esposizione a contagio, per es. toxoplasmosi), sulla diagnosi prenatale precoce.
A colloqui individuali possono seguire, o essere proposti in alternativa, incontri di gruppo.
All’approccio prevalentemente diagnostico-terapeutico attualmente dominante deve essere affiancato quello psicologico e educativo - informativo.
Il Consultorio Familiare rappresenta la struttura territoriale di primo ascolto e di primo intervento, con funzioni di collegamento con le scuole e con i servizi socio-assistenziali dei comuni per raggiungere le fasce sociali più disagiate.
Assistenza in gravidanza
L'informazione alle donne in gravidanza, sostenuta da mezzi e metodi della comunicazione di massa, dovrà essere realizzata anche mediante inviti individuali alle donne (segnalate dai medici di base, dalle strutture distrettuali, dall'ufficio ticket al momento della richiesta dell’esonero dalla partecipazione al costo, ecc.).
Tenuto conto del diritto della gravida alla scelta della figura professionale o della struttura territoriale o ospedaliera cui affidarsi nel percorso nascita, l’offerta attiva del Consultorio Familiare dovrà privilegiare le donne e le coppie che possono trovare difficoltà di accesso ai servizi pubblici e privati.
Azioni
- Offrire colloqui informativi sulla gravidanza (assistenza, servizi disponibili, corso di preparazione alla nascita, facilitazioni relative ai congedi lavorativi, esclusione dalla partecipazione al costo della spesa sanitaria, ecc.).
- Offrire attivamente i corsi di preparazione al parto, alla nascita, al ruolo genitoriale e all’assistenza postparto, con particolare riferimento alla promozione dell’allattamento al seno;
- Garantire la prevenzione delle malformazioni congenite, l’assistenza alla gravidanza fisiologica e l’individuazione delle gravidanze problematiche ed a rischio: tale attività va offerta attivamente nelle situazioni di gravi difficoltà sociali, con particolare riferimento alle donne extracomunitarie e/o nomadi, avendo particolare cura di garantire il rispetto delle specifiche culture di appartenenza, anche attraverso la collaborazione con le associazioni di volontariato operanti sul territorio.
- Adottare una cartella ostetrica ambulatoriale orientata da linee guida condivise;
- Monitorare la crescita ed il benessere fetale anche mediante l'indirizzo a prestazioni di tipo strumentale;
- Operare in stretto collegamento con i centri di diagnosi prenatale per i casi che lo richiedano;
- Offrire sostegno psicologico individuale e di coppia ed alle gestanti con facoltà di partorire in anonimato, come da legislazione vigente;
- Perseguire e mantenere contatti permanenti con i reparti ospedalieri in cui le donne andranno a partorire, anche attivando momenti strutturati di conoscenza reciproca, e prevedendo incontri di formazione comune tra operatori ospedalieri e territoriali privilegiando l’integrazione degli operatori dei C.F. e ospedalieri per quanto attiene il percorso nascita.
- Offrire sostegno e presa in carico sanitario, psicologico delle minorenni che affrontano la maternità senza reti familiari e parentali di appoggio o che intendono affrontare l’IVG predisponendo la relazione per il giudice tutelare.
Quale atteggiamento di particolare considerazione della collettività nei riguardi della donna gravida, devono essere predisposti interventi atti a privilegiare l’accesso ai servizi pubblici e privati (ambulatori, laboratori d’analisi, uffici, ecc.) secondo percorsi e facilitazioni che portino a ridurre per quanto possibile i tempi d’attesa ed i disagi della gestante.
La promozione dell’allattamento al seno, auspicata dagli Organismi internazionali, dal Ministero della Sanità e dalle Società scientifiche, riconosce nella corretta informazione in alcuni momenti prenatali e neonatali un’importanza fondamentale nell’offrire alla madre ed al neonato lattante condizioni più favorevoli al successo-soddisfacimento dell’allattamento naturale. Il contributo dei servizi territoriali, in particolare del Consultorio Familiare, durante i corsi di preparazione al parto, in occasione del contatto domiciliare dopo la dimissione precoce della coppia madre-neonato e della successiva offerta attiva di servizi a livello territoriale è di notevole rilevanza, purché inserito in un progetto di Azienda che integri le varie competenze ospedaliere e territoriali (comprese le Associazioni di volontariato) nella formazione ed aggiornamento specifici del personale e nel supporto diretto alla madre.
Assistenza alla puerpera ed al neonato
La frequente carenza di aiuto alla puerpera al momento del rientro a domicilio suggerisce un maggiore impegno dei servizi territoriali ed in particolare del Consultorio Familiare nell’aiuto a risolvere i problemi della puerpera e del neonato. Tale esigenza ha assunto particolare rilevanza a seguito dell’incremento numerico delle dimissioni ospedaliere precoci, che devono essere appropriate e concordate con la madre.
In ogni caso devono essere esplicitati i criteri sanitari adottati per assicurare che madre e neonato siano dimessi in condizioni appropriate per la prosecuzione delle cure a domicilio e le misure di salvaguardia del benessere della diade, con particolare riferimento alle dimissioni antecedenti le 48 ore dopo il parto.
Azioni
- Nel rispetto del principio della continuità assistenziale ed in presenza di effettive possibilità di cure domiciliari da parte dei servizi territoriali deve essere attivata un’offerta di assistenza ostetrica e pediatrica (almeno nell’attesa che il neonato sia registrato tra i clienti del pediatra di libera scelta), a domicilio almeno nel corso della 1a settimana di vita, e soprattutto in caso di dimissione precoce. Deve essere tenuto in considerazione l’esigenza di tutela della salute fisica e psichica di madre e neonato e delle esigenze relazionali ed organizzative del nucleo familiare, in particolare modo in presenza di soggetti "a rischio" sociale o sociosanitario (extracomunitarie, nomadi, ecc.) rispetto i quali deve essere prevista una presa in carico complessiva, di concerto con i servizi sociali .
Prevenzione dell’IVG
La problematica dell’interruzione volontaria di gravidanza presenta certamente aspetti di grande delicatezza e complessità: da un lato implica infatti la necessità di cercare di rimuovere le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione (anche attraverso la stimolazione di interventi di natura sociale e socio sanitaria integrata) e, ove ciò risultasse vano, seguire adeguatamente (da un punto di vista sanitario, ma anche psicologico), nell'intero percorso assistenziale, la donna che richiede un IVG. Nel caso in cui tale richiesta provenga da minorenne senza assenso dei genitori, o da donna in situazione di disagio sociale e/o sociosanitario (con particolare riferimento a donne con problemi psichiatrici, tossicodipendenti, immigrate ecc.) l'intervento consultoriale deve farsi più attento e deve garantire, per quanto possibile, il "tutoring" dell'utente che si traduce in un vero e proprio affiancamento ed accompagnamento dell'intero percorso assistenziale.
Azioni
- offrire il colloquio;
- garantire il supporto psicologico e sociale. Qualora ne esistano le condizioni. deve essere previsto l'invio e/o la presa in carico della donna da parte del Servizio Sociale Comunale, al fine di attuare interventi di natura sociale e sanitari tesi a rimuovere le eventuali cause che la inducono la donna ad interrompere la gravidanza (anche avvalendosi, nel rispetto della sua volontà, delle associazioni di volontariato);
- assumere la presa in carico della donna che richiede l’IVG facilitandone il percorso verso le strutture di II – III livello, anche al fine di favorirne il ritorno al C.F. per la promozione della salute riproduttiva e la prevenzione della ripetitività dell’IVG.
- offrire interventi finalizzati alla consulenza per la procreazione consapevole post IVG, per la
prevenzione del ripetuto ricorso all’IVG.
Prevenzione dei tumori femminili:
Il consultorio collabora all’attuazione dei programmi di screening regionali o aziendali su tumore del collo dell’utero e della mammella attivati secondo le indicazioni della Commissione Oncologica Nazionale. Al consultorio può essere assegnata la competenza dell'offerta attiva, mediante chiamata e verifica della non rispondenza.
Il consultorio deve collaborare per il supporto psicologico alla donna con patologia oncologica prima o dopo la terapia, anche attraverso la promozione di gruppi di auto aiuto.
Inoltre, il consultorio deve svolgere funzioni di presa in carico e di indirizzo verso i servizi specialistici di diagnosi e cura, facilitando i percorsi e gli accessi.
Condizione essenziale per tale obiettivo di salute è la collaborazione continua, secondo le linee operative dipartimentali, con i servizi di secondo e terzo livello (citologia, colposcopia, mammografia, ecc.) accreditati e con controllo di qualità.
Azioni
Tumore del collo dell’utero : offerta attiva del Pap-Test a tutte le donne di età compresa tra 25 e 64 anni, con periodicità triennale ove non sussistano condizioni di rischio ( secondo le indicazioni della Commissione Oncologica Nazionale)
Tumore della mammella : il C.F. offre consulenza ed indirizza la donna verso i centri di diagnosi precoce per la prevenzione del tumore della mammella e, per le donne di fascia di età 50 – 69 anni, indirizza verso il programma di screening, secondo i le indicazioni della Commissione Oncologica Nazionale.
Interventi per l’età post-fertile
Pur essendo sufficientemente chiarito il rapporto causale tra carenza estrogenica, patologie degenerative e sintomatologia soggettiva, la sostituzione ormonale in menopausa non risulta comunque essere l’unica possibilità di prevenzione e cura. Uno stile di vita caratterizzato da dieta adeguata, attività fisica regolare e riduzione del fumo di tabacco e dell’uso di alcool, si è infatti dimostrato efficace nella prevenzione sia delle malattie cardiovascolari che dell’osteoporosi.
Risulta pertanto necessario selezionare prioritariamente le donne in rapporto alle esigenze individuali ed alle prospettive di prevenzione di patologie degenerative.
I Consultori Familiari devono promuovere la sensibilizzazione delle donne in età post-fertile alla prevenzione ed al trattamento delle malattie degenerative proprie dell’età, anche mediante la discussione, l’informazione e l’indirizzo a soluzioni personalizzate. Tale attività può anche essere svolta in modo complementare con l’offerta attiva del pap test.
Inoltre, per le donne in corso di trattamento con terapia ormonale sostitutiva, il C.F. può facilitare ed organizzare gli opportuni controlli strumentali periodici.
Azioni
- Promuovere l’aggiornamento professionale di ginecologi, medici di base, ostetriche, fisioterapisti sulle problematiche del climaterio e della menopausa e sulla possibilità di trattarla.
- Incentivare la consapevolezza delle donne circa la possibilità di migliorare il proprio stile di vita e la sessualità per la qualità della vita post-fertile.
Vaccinazioni
Il Consultorio Familiare, in sinergia con il DP e con il Distretto può intervenire nell’offerta attiva delle vaccinazioni per il conseguimento degli obiettivi del P.S.N. secondo le azioni e priorità indicate dal “Piano nazionale vaccini 1999-2000” (provvedimento 18 giugno 1999, Supp. Ord. n. 144 alla G.U. n.176 del 29.7.1999).
In particolare, in collegamento con i servizi responsabili dei programmi vaccinali potrebbe svolgere le indagini domiciliari nei casi in cui il bambino non sia stato portato alla seduta vaccinale e, con i suddetti servizi potrebbe collaborare alla realizzazione di campagne di educazione sanitaria e campagne vaccinali.
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